IL PROCESSO
Uva, parla il commissario
Udienza al via, parla l'ex responsabile delle Volanti: "Relazione di servizio regolare". Il 28 novembre tocca al teste chiave Alberto Biggiogero
Verrà ascoltato in aula il prossimo 28 novembre Alberto Biggiogero, uno dei testimoni chiave nel processo sulla morte di Giuseppe Uva, l'operaio deceduto in ospedale a Varese nel giugno 2008 dopo aver trascorso parte della notte nella caserma dei carabinieri.
Lo ha stabilito il collegio della Corte d'Assise di Varese, che oggi, venerdì 14 novembre, ha ammesso la maggior parte dei testi citati dalle parti, tra cui Biggiogero.
Sono imputati per omicidio preterintenzionale e altri reati sei poliziotti e due carabinieri, che condussero l'intervento.
Biggiogero la notte del 14 giugno 2008 venne fermato dai carabinieri mentre insieme all'amico Giuseppe Uva spostava alcune transenne per chiudere una strada. Entrambi erano ubriachi e furono portati in caserma.
Nel corso della notte Biggiogero, dopo aver sentito delle urla provenire dalla stanza dove si trovava Uva, chiamò il 118 dicendo: «Stanno massacrando un ragazzo».
L'uomo, già ascoltato dagli inquirenti nel corso delle indagini, è stato citato come teste dall'accusa, rappresentata dal procuratore di Varese Daniela Borgonovo, e anche dalle parti civili, i familiari di Uva.
Oggi è stato ascoltato in aula, invece, l'allora capo delle Volanti di Varese, Gianluca Dalfino, che non è tra gli indagati.
Dalfino ha riferito che, la mattina seguente, vistò la relazione di servizio dell'intervento dei suoi agenti perché "non v'era alcunché di strano né di irregolare" visto che si era trattato di un intervento in ausilio ad altre forze dell'ordine. Ciò che non capita di rado.
Il collegio della Corte d'Assise di Varese ha ammesso, quindi, la maggior parte dei testimoni. Tra questi, oltre a Biggiogero, un altro teste chiave: una donna, Assunta Russo, che si trovava in ospedale quando Uva venne ricoverato con trattamento sanitario obbligatorio. Secondo i familiari, l'uomo avrebbe subito violenze da parte di carabinieri e poliziotti, che invece hanno sempre affermato di aver agito correttamente.
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