IL CASO
«Io vaccinata in Svizzera ma no vax per l’Italia»
Giulia, infermiera, sospesa dall’ordine professionale
Giulia S., professione infermiera da diversi anni in servizio in una clinica privata svizzera, è sempre stata sostenitrice della campagna vaccinale anti Covid. Infatti, nel mese di maggio 2021 aveva già in mano un certificato ufficiale svizzero che attestava il completamento dell’immunizzazione con doppia dose, effettuato proprio in reparto. Eppure, da un paio di settimane, risulta sospesa dall’ordine professionale italiano in quanto no vax. Ats Insubria in questi mesi non ha mai riconosciuto la sua vaccinazione, nonostante un quantitativo infinito di mail prima e di Pec poi ( pertanto con valore di raccomandata).
«Io sono veramente allibita e anche arrabbiata - racconta Giulia, che si sarebbe vaccinata fin da gennaio 2020 se non avesse dovuto aspettare fino a marzo in quanto in fase di allattamento del suo terzo figlio - perchè per mesi ho seguito indicazioni che mi sono state fornite prima da operatori di sportello di Ats e poi dall’ordine professionale di Varese, ma non sono riuscita ancora a trovare la via d’uscita da questo labirinto burocratico che mette a rischio la mia professione».
Il primo tentativo risale al mese di maggio, quando Giulia si reca all’ufficio vaccini di Ats Insubria per le iniezioni obbligatorie da somministrare al figlio più piccolo.
«In quell’occasione ho chiesto istruzioni - racconta - per poter avere il riconoscimento della doppia dose di vaccino che avevo già fatto. Mi hanno suggerito di portare il certificato vaccinale allo stesso sportello. Così ho fatto qualche giorno dopo . E già in quel momento sono rimasta perplessa: allo sportello c’era un’altra persona che ha ritirato il documento ma non sembrava particolarmente convinta dell’operazione». Dopo quel primo approccio, da Ats nessun cenno di riscontro. A quel punto Giulia prova a caricare l’avvenuta vaccinazione sul proprio fascicolo sanitario elettronico, ma «veniva caricato come documento che io vedevo ma non veniva riconosciuto dal sistema sanitario - spiega ancora Giulia - Ho sperato fosse una questione di tempo». Invece, al 27 agosto arriva la prima brutta sorpresa. Giulia riceve una mail Pec dall’ordine professionale infermieristico di Varese che la segnala come no vax. «A quel punto ho chiamato per spiegare la mia situazione - racconta la giovane donna - e mi hanno suggerito di mandare una Pec ad un indirizzo mail specifico di Ats per chiarire l’equivoco, allegando ovviamente il certificato vaccinale. Mi sono attivata subito ma non ho mai ricevuto risposta». Invece, una seconda mail era in arrivo dall’ordine professionale nazionale. Con questa seconda Pec Giulia è stata sospesa dall’ordine fino al 31 dicembre, in quanto non vaccinata.
«Ho chiamato di nuovo l’ordine provinciale - racconta Giulia - che mi ha ribadito la stessa procedura: Pec ad Ats. Io ho provveduto e loro stessi mi hanno detto di insistere su questa strada, visto il valore legale della Pec , ma ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta e continuo ad essere considerata una no vax. È veramente assurdo». L’unica buona notizia è il fatto che Giulia può continuare a lavorare nella sua clinica, perchè in Svizzera è possibile prestare servizio anche se si è sospesi dall’ordine professionale italiano . «Ma se fossi stata in servizio in Italia? Avrei perso il lavoro per un ginepraio burocratico».
In estate, peraltro, erano emerse difficoltà per ottenere il Green pass. E una buona fetta delle segnalazioni riguardava vaccinazioni fatte all’estero.
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