VALLANZASCA
«Per tutti resterò sempre un bandito»
La lettera del “bel René”, oggi settantenne, e l’ultimo rifiuto alla concessione della libertà condizionale

A soli sette anni, nella sua Milano, liberò dalle gabbie gli animali del circo Medini. Adesso ne ha settanta (compiuti il 4 maggio), e in gabbia per sempre rischia di rimanerci lui.
«Resterò sempre un bandito per tutti»: Renato Vallanzasca lo ha scritto in una lettera inviata al tribunale di sorveglianza prima della udienza che si è conclusa con il rigetto della liberazione condizionale. «È possibile che un uomo, io nello specifico, possa aver trascorso fuori dalle patrie galere qualcosa come sedici anni su settanta?», si interroga il bel René.
A quanto pare. Perché dalla casa di reclusione di Bollate non potrà uscire nemmeno ora, a parere del magistrato di sorveglianza cinquant’anni di carcere non lo hanno condotto al ravvedimento.
Tutta colpa di quelle mutande da pochi euro rubate (così dice la sentenza) alla Esselunga il 13 giugno del 2014: godeva della semilibertà e gli venne revocata per quattro anni. Così prevede il codice. Ne sono passati sei, nel frattempo il penalista milanese Davide Steccanella si è preso a cuore il caso e, seguendo Vallanzasca gratuitamente, ha riproposto l’istanza allegando relazioni e pareri positivi di due comunità, degli educatori del carcere, con il sostegno morale della polizia penitenziaria, che tifava per lui. Ora però, «davanti alla violazione dei minimi principi costituzionali», l’avvocato getta la spugna.
Con una lettera ha rinunciato ufficialmente al mandato «perché non mi faccio prendere in giro», chiarisce Steccanella. «La funzione del difensore è venuta meno. Come si può far trascorrere gli ultimi anni di vita di un anziano in carcere? In Italia è un record. Io credo nel compito riabilitativo del carcere, al recupero dei detenuti. Non concedere almeno la semi libertà a lui è un insulto alla Costituzione».
Vallanzasca è acciaccato, solo (giovedì oltretutto è morto annegato il vecchio amico Rossano Cochis) e povero. Non c’è più traccia del fascinoso criminale che metteva a soqquadro Milano.
«Eppure», dice nella lettera dello scorso giugno, «l’etichetta del bandito continua a perseguitarmi. Potrei essere utile a chi, più giovane di me, potrebbe trarre qualche giovamento» dall’esperienza della sua «vita assurda». Ma niente, continuerà a pagare per tutti.
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