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«Creiamo un’area cuscinetto per curare gli altri». Così scriveva già ieri pomeriggio, domenica 15 marzo, l’infettivologo Roberto Martegani. Un messaggio, il suo, condiviso su Facebook da oltre duemila persone, convinte come lui che la provincia di Varese possa davvero essere fra le prime ad arginare il virus. Un concetto che gli veniva consegnato da un dato: per la prima volta dall’inizio dell’emergenza il numero dei pazienti positivi al tampone era inferiore a quello del giorno precedente. E oggi, lunedì 16 marzo, si è avuta un’altra conferma del trend, ribadendo come il Varesotto rappresenti il territorio meno colpito dal contagio in Lombardia, se si esclude il dato di Sondrio, non paragonabile per il basso numero di abitanti.

Ebbene, tenendo come riferimento le cifre raccolte dalla protezione civile (che si discostano un pochino da quelle del Pirellone) l’elenco dei casi di Covid-19 in provincia ha superato quota duecento persone - per la precisione i positivi sono 202 - tuttavia la linea di aumento si è di nuovo abbassata. Infatti, se nel report domenicale si era evidenziato un +25 contagiati, le statistiche del lunedì fissano quel numero in un +18. Sabato l’indice di crescita era ancora elevatissimo (+34), anzi il più alto dall’inizio dell’emergenza, scattata nel Varesotto la mattina del 28 febbraio con la scoperta del primo uomo infetto a Borsano.

Sul fronte numerico continua a essere Caronno Pertusella (26) la triste leader dei casi. Con la vicina Saronno, che ne ha 17. si arriva a quota 43 . In mezzo c’è Busto Arsizio: 21 contagiati e 2 morti.

In generale l’impressione è che comunque l’onda lunga della malattia partita dal lodigiano, quindi dall’angolo opposto della Lombardia, sia arrivato con qualche giorno in ritardo e che le misure di contenimento attuate - che si sono via via inasprite nel tempo - abbiano consentito di mettere un freno alla sua diffusione. O almeno così si spera.

Marco Linari

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