DALLA PARTE DEI FRAGILI
Varese, amministratori di sostegno: «Vent’anni di civiltà»
Dibattito con le “Donne giuriste”, il magistrato Rivellini e l’onorevole Mantovani su uno strumento giuridico (e sociale) che dall’Italia ha fatto scuola in Europa

In principio era il tutore che subentrava nei casi di interdizione, sostituendosi in tutto e per tutto alla persona divenuta incapace. Un provvedimento spesso, anzi quasi sempre, irreversibile. Poi, l’ordinamento italiano, primo o tra i primi in Europa, ha introdotto la figura dell’amministratore di sostegno. Era l’inizio del 2024: l’iter parlamentare fu spedito. E di lì a poco, altri Paesi avrebbero mutuato l’istituto giuridico innovativo “prodotto” in Italia.
Questo è stato il tema dell’incontro organizzato ieri sera, giovedì 22 febbraio, dall’Associazione donne giuriste, sezione di Varese, alla sala di VareseVive. Il titolo: “Vent’anni di civiltà”. Lo stesso del libro scritto dall’onorevole Mario Mantovani (un’opera dal sapore di saggio con contributi di autorità e tecnici del diritto) che, ieri sera, ha spiegato la genesi della legge sull’amministrazione di sostegno, di cui è stato promotore.
LE CORDE DEL DIRITTO E DELLA SOCIETÀ
Una rivoluzione, quella del 2004, che ha toccato le corde del diritto e della società. E che ha restituito dignità alla persona, accompagnandola e non scalzandola. Sì perché l’amministrazione di sostegno, che interviene quando una persona non è più in grado di badare completamente a sé stessa per ciò che riguarda la gestione degli aspetti economici e le scelte sanitarie e di vita, è uno strumento flessibile, una sorta di compartecipazione con l’assistito. Gli aspetti squisitamente normativi sono stati illustrati da Fabio Rivellini, giudice tutelare del Tribunale di Varese, che è sceso nel dettaglio di quando e come avviene la nomina dell’amministratore di sostegno, quali sono le incombenze e quali le prerogative che esercita il magistrato.
QUI VARESE, TREMILA PRATICHE
Per quanto riguarda la competenza territoriale del Tribunale sono circa 3.000 le pratiche di amministrazione di sostegno e nella maggioranza dei casi questo ruolo è affidato, con nomina, a un famigliare dell’assistito. Ma tante anche quelle che vengono assunte da avvocati. E per spiegare qual è la funzione e quale il campo d’azione esercitato dal legale, ecco l’intervento dell’avvocata Claudia Cornacchia, esperta di diritto di famiglia e amministratore di sostegno. Un passo indietro. L’incontro si è aperto col saluto dell’avvocata Paola Lanza, presidente varesina delle Donne giuriste che ha rimarcato i pregi dell’istituto dell’Ads, e l’intervento dell’avvocata Maria Elena Polidoro, vice presidente dell’Adg di Milano. Poi, l’avvocata Gloria Menegazzi, presidente del Comitato Pari opportunità, ha portato la voce dell’Ordine degli avvocati.
«UNA BENEDIZIONE»
Gremita la sala, oltre le previsioni. Tanti i legali fra il pubblico. E tra i relatori, don Marco Casali, responsabile della Caritas, che ha confermato la bontà dell’amministrazione di sostegno, definendola «benedetta». Il deputato di Luino, Andrea Pellicini, componente della Commissione giustizia della Camera, ha elogiato questo strumento giuridico, di cui peraltro da sindaco aveva sperimentato assumendolo a sostegno di suoi concittadini. Vent’anni dunque di amministrazione di sostegno e portati benissimo. Ma, come ogni norma che si cala in una realtà sociale mutevole, ecco l’esigenza di un tagliando. E infatti, l’onorevole Mantovani ha annunciato che a breve verranno valutati dei ritocchi, in chiave migliorativa, tenendo ferma l’intelaiatura giuridica.
«LE DUE PAROLE CHIAVE»
L’avvocata Laura Damiani, grande esperta di diritto di famiglia, è intervenuta per evidenziare due parole che nel dettato normativo dell’Ads assumono una valenza (giuridica, sociale e solidale) primaria: sostegno e beneficiario.
Tornando al libro, “Vent’anni di civiltà” accende i riflettori sull’amministrazione di sostegno, fornendo la comprensione e offrendo spunti di riflessione su una società che cambia, invecchia, ma vuole tenere al centro l’individuo.
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