REGIONE
Autonomia: avviato l’iter
Parte la trattativa tra Stato e Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Galimberti: «Serve più coinvolgimento dei Comuni»
Il Consiglio dei ministri ha avviato il percorso delle intese con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna che dovrebbe portare ad attribuire a queste regioni una serie di competenze che incidono sulla vita dei cittadini: dalla scuola, alla sanità, dalle casse di risparmio fino alla sicurezza sul lavoro.
Una novità, se non una rivoluzione, che entusiasma la maggior parte degli abitanti delle tre Regioni, ma spaventa i residenti del Sud che temono il venir meno di risorse che assicurano i servizi di base.
La trattativa tra lo Stato e le tre Regioni è stata avviata dal governo Gentiloni pochi giorni prima della fine della legislatura, il 28 febbraio 2018, ed è stata portata avanti in questi mesi dal ministro per gli Affari Regionali, Erika Stefani che ha portato in Consiglio dei ministri le bozze delle tre Intese dopo il via libera del ministero dell’Economia.
Il tema di fondo, infatti, sono le risorse finanziarie che Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna reclamano per gestire le nuove competenze: 23 quelle richieste da Veneto e Lombardia, 16 dall’Emilia.
«Siamo consapevoli - dice il ministro Stefani - che il percorso non è concluso, ma siamo ottimisti sul risultato perché stiamo compiendo un passo importantissimo».
Quella sull’Autonomia differenziata è «una riforma che incide sul tipo di organizzazione dello Stato e quindi ci vuole del tempo, ma i passi avanti sono importanti».
Lo ha detto il presidente della Lombardia Attilio Fontana, secondo il quale «Le sensazioni sono positive. Per prima cosa abbiamo finalmente un testo condiviso come impianto. Poi ci sono dei dettagli che vanno chiariti, per cui i ministri hanno chiesto qualche piccolo approfondimento, e va benissimo»
Più cauto invece il sindaco di Varese, Davide Galimberti: «Ben venga una maggiore autonomia dei territori ma vorremmo capire di che cosa stiamo parlando nel concreto. Credo che ne abbiano il diritto i cittadini, le regioni, i quasi 8000 comuni italiani e tutti gli enti che in un modo o nell’altro, nel bene e nel male, ne saranno coinvolti. Perché ovviamente siamo tutti d’accordo che oggi i territori debbano avere più autonomia, più poteri decisionali e maggiore libertà nella disposizione delle risorse, ma è anche vero che tutto questo non deve sfavorire nessuno, e in particolare i comuni che ogni giorno sono in prima linea per garantire risorse, servizi e la qualità della vita che i cittadini ci chiedono. Per questo chiedo che venga fatta chiarezza sul lavoro che si sta facendo che invece mi sembra si stia svolgendo in segrete stanze senza coinvolgere tutti quei territori che ogni giorno fanno andare avanti le città e l’Italia. Usciamo allo scoperto quindi, diteci quale autonomia si sta delineando, chi coinvolgerà, in che termini, quali saranno i benefici e soprattutto che ripercussioni avrà sul sistema Italia. Non perdiamo la grande occasione di attuare l'autonomia per ragioni politiche di basso profilo. Gestiamo questo delicato, ma importante argomento, in modo condiviso ed efficace per tutti, evitando pasticci come per il reddito di cittadinanza, le pensioni o la sicurezza».
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