IL CASO
Varese, bambino conteso: interviene il ministro
Nordio risponde in Parlamento: «Faremo accertamenti»

«La priorità del legislatore e, ovviamente del magistrato, deve essere quella di garantire il diritto fondamentale della continuità affettiva al bambino». Ieri pomeriggio, mercoledì 9 aprile, s’è espresso in questi termini, durante il question time alla Camera, il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha risposto a un’interrogazione di Simonetta Matone e Simona Loizzo sulla vicenda di Luca (nome di fantasia). Lunedì il Tribunale dei Minori di Milano ha respinto il ricorso presentato dai genitori affidatari (una coppia residente in provincia di Varese), quindi il piccolo resterà nella famiglia adottiva a cui è stato assegnato qualche settimana fa.
L’esponente di Fratelli d’Italia, dopo aver ringraziato le due parlamentari della Lega «per aver sollevato una questione delicata e importante e di così grande emotività», ha spiegato di aver provveduto subito a chiedere informazioni all’autorità giudiziaria competente: «I dati completi non li abbiamo ancora, ma sappiamo che il papà e la mamma affidatari sono lui del 1970 e lei del ‘72 . Tenuto conto che oggi il bambino ha quattro anni, dobbiamo domandarci, e su questo faremo approfondimenti, se siamo di fronte a una lacuna normativa, a una cattiva applicazione delle regole esistenti, o se già al momento dell’affido esisteva un’incompatibilità. O comunque se fosse prevedibile il sopravvenire di essa. Con ulteriori accertamenti chiariremo, poi, se ci sono altri casi di coppie prive dei requisiti o in procinto di perderli».
A replicare è stata Matone: «Si deve mettere mano alla legislazione, su questo non ci sono dubbi. Per me il Tribunale dei Minori ha commesso degli errori e quando se n’è accorto non solo non vi ha posto rimedio, ma ha sostenuto che era venuto meno il principio superiore dell’interesse del minore poiché la coppia affidataria aveva scelto la mediatizzazione della vicenda. Un qualcosa di una gravità inaudita». Ha poi aggiunto che «se anche, per assurdo, l’allontanamento fosse stato giusto, avrebbe dovuto essere predisposto un progetto di conoscenza reciproca, fra il bambino e la famiglia adottiva, di almeno 6-12 mesi. Invece è stato portato via in 48 ore. Un magistrato s’è recato nella sua abitazione e gli ha detto che il giorno dopo sarebbe andato a vivere con la sua nuova famiglia. Ma ci rendiamo conto? Quando è uscito, il piccolo ha detto alla sua mamma affidataria che non avrebbe portato con sé i giocattoli “tanto stasera torno”. E invece non è più tornato».
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