IL PROCESSO
Castiglioni contro Castiglioni. Per una Ferrari
L’accusa a Gianfranco: venduto il bolide, Dino Gt del ‘72, che era in comproprietà col fratello

Castiglioni contro Castiglioni. Per una Ferrari d’epoca.
Da una parte, nei panni dell’imputato, Gianfranco, l’imprenditore già sotto processo per il crac del Casti Group. E dall’altra, parti offese e parti civili, il nipote Giovanni Castiglioni, figlio del fratello Claudio, il patron di MV Agusta morto nel 2011, e sua madre Enrica.
Davanti al giudice monocratico Stefano Colombo, Gianfranco Castiglioni, difeso dall’avvocato Cesare Cicorella, deve rispondere delle accuse di appropriazione indebita e falso. E il nipote e la cognata, assistiti rispettivamente dagli avvocati Andrea Lanata ed Elisabetta Brusa, gli chiedono un risarcimento pari a 250.000 euro, la metà del valore presunto della Ferrari Dino 246 GT del 1972 che è al centro del processo.
I due fratelli, Gianfranco e Claudio, avevano infatti quest’auto da sogno, una leggenda per i collezionisti di tutto il mondo, in comproprietà. Ma sulla base di un’indagine della Guardia di Finanza coordinata dal sostituto procuratore Luca Petrucci, anni dopo la morte del fratello, Gianfranco l’avrebbe venduta mettendosi in tasca l’intera cifra pagata dall’acquirente, senza dare un euro al figlio e alla vedova di Claudio, che quella metà macchina avevano ereditato. E per di più avrebbe commesso il reato di falso perché avrebbe dichiarato all’Aci che quella sotto un modulo destinato ad attestare la “cessazione circolazione per esportazione” era proprio la firma del fratello Claudio. Cosa evidentemente impossibile perché il modulo fu compilato e firmato nel marzo del 2016, quasi cinque anni dopo la scomparsa del presidente di MV Agusta.
Sulla base di quanto denunciato dai parenti e ricostruito dalla Guardia di Finanza, per diversi anni dopo la morte di Claudio, la Ferrari Dino 246 GT rimase tranquillamente parcheggiata in un garage.
Fino al 2015, qualche mese dopo la tempesta giudiziaria che aveva travolto il Casti Group, Gianfranco Castiglioni, finito anche agli arresti domiciliari, e diversi altri soggetti coinvolti nella gestione del gruppo. Nel 2015, infatti, Gianfranco Castiglioni avrebbe denunciato la perdita del certificato di proprietà della Ferrari, dal quale l’auto risultava un suo bene, ma anche, per metà, del fratello Claudio.
E poi, appunto nel marzo del 2016, avrebbe concluso l’affare, vendendo il bolide d’epoca in Germania. Da qui l’altro reato contestato nel processo: per procedere alla vendita in Germania era necessario attestare la cessazione della circolazione in Italia, e l’ipotesi della Procura è che Gianfranco abbia firmato il relativo modulo non solo per sé ma anche per il fratello deceduto.
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