GLI AVVOCATI
Divorzi e separazioni al rallentatore
L’allarme: fino a otto mesi di attesa per l’udienza in Tribunale

«Troppi ritardi nella fissazione delle prime udienze per le separazioni e i divorzi. I coniugi hanno atteso anche sette, otto mesi dal deposito del ricorso al Tribunale. E così, senza un provvedimento che disponga sul mantenimento dei figli e sul diritto di visita, tutto è lasciato all’arbitrio dei genitori, con la conseguenza che si moltiplicano i dissidi, si esasperano gli animi, molti passano alle vie di fatto. Anche gli avvocati spesso non riescono a condurli a miti consigli».
A lanciare l’allarme è il presidente della Camera civile di Varese, l’avvocato Sergio Terzaghi. Il quale, raccogliendo le segnalazioni dei colleghi, denuncia i rallentamenti nella prima trattazione di molte cause di diritto di famiglia. E che ora, con l’arrivo della seconda ondata del coronavirus, teme che la situazione possa solo peggiorare, che il sistema giustizia si blocchi. «Chiediamo che si continui a lavorare, che le udienze si svolgano con le forme emergenziali concordate a maggio nella prima fase, dalla trattazione scritta alla videoconferenza. Fermarsi sarebbe un danno per gli avvocati e per i cittadini».
La tecnologia ha permesso di proseguire il lavoro, che comunque per gli avvocati è calato, con inevitabili preoccupazioni per il futuro, soprattutto delle giovani generazioni.
«Dopo la prima fase di immobilismo per l’emergenza Covid, l’attività è ripresa. Ma l’input arrivato dalla presidenza del Tribunale di smaltire l’arretrato in quella fase di blocco ha avuto delle conseguenze importanti - precisa Terzaghi - A maggio abbiamo concordato che per i divorzi e le separazioni consensuali - che a Legnano, per esempio, hanno «doppiato» i matrimoni - le udienze si potessero svolgere senza presenza, con la trattazione scritta della causa. Ma per le separazioni giudiziali, ci sono colleghi che hanno depositato ricorsi a marzo e ancora attendono la fissazione della prima udienza. Il provvedimento presidenziale che dispone talvolta temporaneamente di mantenimento e visita deve essere adottato il più presto possibile, non dopo otto mesi dal deposito del ricorso», in modo che le decisioni su chi debba pagare e quanto per i figli, o quando mamma e papà possano incontrarli, non siano lasciate solo alla discrezionalità delle parti. Il cui dialogo spesso, complici rapporti non proprio idilliaci e il difficile momento socioeconomico, sfocia in liti e magari pure in episodi di violenza.
Ma ci sono problemi anche per le separazioni consensuali, quelle in cui marito e moglie hanno già raggiunto l’accordo e serve solo una firma del giudice che ratifichi l’intesa. «In alcuni casi siamo ancora in attesa di omologhe, cioè i provvedimenti di nullaosta, per atti che sono stati depositati tra giugno e luglio».
Ma i problemi vanno oltre il palazzo di piazza Cacciatori delle Alpi. Se in Tribunale, il processo da remoto ha consentito di andare avanti, negli uffici del Giudice di pace di viale Milano la tecnologia non è entrata: niente processi a distanza, quindi, né in campo civile né penale. E se a ciò aggiungiamo la grave carenza di organico - due magistrati in servizio sui dodici previsti - è ovvio che l’attività vada al rallentatore. «Assistiamo a rinviii delle udienze di anno in anno», conclude Terzaghi. Che un anno fa, su queste colonne, parlò di «rischio più che concreto di intasamento, anzi di paralisi, dell’ufficio del Giudice di pace». Una profezia che si sta avverando.
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