IN APPELLO
«Estrazioni non necessarie». Dentista condannato
Dovrà risarcire la paziente con 25mila euro per interventi e procedure non corretti

Un dentista di Varese che estrasse, «senza necessità terapeutica», sette denti, tra cui anche due canini, dovrà versare alla paziente una provvisionale di 25mila euro, cioè un anticipo sul risarcimento che dovrà poi essere definito in sede civile.
In primo grado il Tribunale di Varese lo aveva assolto dall’accusa di lesioni personali colpose perché, «nonostante avesse posto in essere una pratica aggressiva e non conservativa, non era possibile ravvisare profili di colpa nella sua condotta».
In appello, i giudici della quinta sezione, accogliendo il ricorso della parte civile, hanno invece affermato la responsabilità ai fini civilistici del medico, 57 anni, disponendo il pagamento della provvisionale dei danni subiti dalla paziente. Una sentenza ora definitiva dopo il vaglio della Corte di Cassazione.
Secondo la Suprema Corte non c’è stato nessun vizio procedurale nel ribaltamento di verdetto: i diversi esiti cui sono pervenuti i giudici di appello «sono fondati esclusivamente su una differente complessiva valutazione probatoria delle risultanze processuali».
Dagli atti, riferiti a fatti avvenuti tra la primavera del 2009 e l’autunno di due anni dopo, emerge che la paziente si era recata dal dentista «per rinnovare la protesi superiore fissa frontale composta di sei elementi, non essendo più soddisfatta della stessa dal punto di vista estetico», e il medico, «intendendo eseguire un intervento di lunga durata, aveva prospettato un articolato piano di cure comprendente sei estrazioni, poi divenute sette, quattro impianti endossei, una devitalizzazione, un’otturazione e l’applicazione delle necessarie corone plastiche».
Premesso che non tutto è andato come nei piani - la parte offesa ha perso, tra le altre cose, anche due canini e, al culmine dell’esasperazione e del dolore, causa anche un’estesa infezione gengivale, è ricorsa alle cure di un altro dentista -, la perizia ha accertato che l’imputato, prima di pianificare gli interventi, non aveva prescritto gli esami clinici richiesti dalla natura del trattamento, tra cui la radiografia panoramica, «imprescindibile per una valutazione terapeutica anche al fine di vagliare la necessità o meno di ricorrere ad estrazioni», e la Tac che «avrebbe consentito di valutare la quantità e la qualità della situazione ossea della paziente».
Di più, «l’estrazione dei denti non era necessaria» e «sarebbe stato opportuno preliminarmente apprestare un piano terapeutico per preservarne il mantenimento con una cura canalare».
Tra le altre condotte colpose addebitate al medico, infine, sono state accertate anche «un errore di biomeccanica nel posizionare un ponte» e «l’omessa prescrizione di terapia antibiotica alla paziente, in violazione delle linee guida».
Non è la prima volta che un dentista finisce nei guai giudiziari: non mancano, fra l’altro, nel recentee passato, casi di falsi dentisti smascherati dopo anni di lavoro e condannati.
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