IL PERSONAGGIO
Pietruzzo, 70 anni da bomber
Juventus, Nazionale, Varese: intervista ad Anastasi che domani festeggia un compleanno speciale

È il 20° minuto. Il pallone crossato dalla destra si libra verso il centro dell’area come un gabbiano. L’attaccante non ci pensa due volte e vola in cielo. L’impatto è perfetto, il portiere immobile. Gol. E viene giù lo stadio.
No, l’attaccante non è Cristiano Ronaldo e lo scenario non è l’Allianz Stadium, ma la vittima è sempre la Juventus.
A segnare è Pietro Anastasi, è il 20° ma del primo tempo, non del secondo, e siamo al “Franco Ossola”. Inizia in quel modo, con un colpo di testa, anziché una rovesciata, l’epopea di Pietruzzo da Catania, il bomber che, neppure ventenne, firmò il primo gol, e poi altri due, nel 5-0 del Varese alla Signora.
Da quel gol sono passati 50 anni e un battito di ciglia, era il 4 febbraio 1968, e domani, sabato 7 aprile, Anastasi raggiunge il traguardo dei 70, una vita all’insegna dei gol del centravanti di razza.
«Eh, ne ho fatto qualcuno - si schermisce ma anche con, nella voce, l’orgoglio di chi ha lottato dalla Sicilia profonda per emergere e imprimere il proprio nome nella storia del calcio italiano.
«E pure un paio di rovesciate me le ricordo, in particolare quella contro il Milan».
Un capolavoro, quel 29 marzo del 1970, pressoché simile a quello di CR7.
C’è poco da fare contro campioni del genere...
«Onestamente io, come tutti, non mi sarei mai aspettato che finisse così male. Ma del resto questo risultato ci ha riportati alla realtà delle cose».
Ovvero?
«Che per essere nella Juventus bisogna avere un Dna all’altezza. Quindi dei valori tecnici più alti: si è vista in campo una differenza di base importante. A livello di cuore e di grinta la squadra è riuscita a sopperire, ma se poi per stoppare un pallone hai sempre bisogno di due tocchi invece che uno non vai lontano… Così non puoi arrivare al livello di squadre come Real Madrid, Barcellona o Bayern».
Un problema di singoli quindi?
«E di età. Se pensiamo alla difesa ci sono giocatori come Barzagli e Chiellini che sono straordinari ma col tempo è inevitabile il ricambio generazionale».
L’altro giorno è scesa in campo un’altra squadra che è tatuata sulla sua pelle, l’Inter nel derby. Come l’ha vista?
«Nel complesso è stata una partita che non mi ha entusiasmato, avrei sperato di vedere una gara più bella sul piano del gioco ed invece si è impantanata sullo zero a zero. Si parla di “grandi partite” ogni volta che si scontrano due squadre dal grande blasone, ma se poi finisce zero a zero e manca lo spettacolo… Forse entrambe avevano paura di perdere, ma certo che rispetto allo show del Real Madrid...».
Insomma, il calcio italiano non diverte. È un problema di sistema?
«Guardi, io seguo il calcio inglese e vedere le loro partite è un piacere anche quando finiscono zero a zero. Corrono sempre, giocano ad alto ritmo, creano tanto. È un calcio molto differente dal nostro, insomma. Ed è molto più qualitativo. Da noi invece non valorizziamo i giovani e quindi manca quell’entusiasmo».
E la Nazionale…
«È fuori dai Mondiali dopo 60 anni. Del resto se in serie A giocano solo gli stranieri c’è poco da fare. Penso ai tempi miei, nei quali pure c’erano gli stranieri. Chi erano gli attaccanti? Io, Riva, Boninsegna, Bettega, Chinaglia, Graziani e così via. E lo stesso discorso vale per tutti i ruoli, a cominciare dai portieri. I talenti ci sono anche ma non trovano spazio. Penso a Bernardeschi o Chiesa, per fare due nomi: ora tutti parlano di loro ma vedremo fra qualche anno quanto spazio avranno trovato nelle grandi squadre».
E per restare alle dolenti note, le chiedo del Varese. Cosa pensa?
«Eh purtroppo so che le cose non vanno bene e che la situazione è difficile. Manca qualcuno che abbia voglia di mettere a posto le cose ed è incredibile che la città non riesca a esprimere qualcuno che abbia la passione indispensabile per guidare la società. Forse più che i soldi, manca quella. Se penso a Borghi, ma non solo. Rozzi ad Ascoli, Anconetani a Pisa, personaggi pittoreschi, è vero, ma che sapevano dare entusiasmo alla piazza. Ora abbiamo i cinesi...».
Ci dia un po’ di speranza, in fondo domani è il suo compleanno…
«Certo, bisogna sempre augurarsi il meglio. Speriamo che qualcuno si metta la mano sul cuore, prima che sul portafoglio, perché vedere il Varese che continua a fallire non è accettabile».
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