LA SENTENZA
Condannato il Molina di Campiotti
Il Tribunale amministrativo regionale dà ragione all’Ats: il Cda della casa di riposo dovrà pagare anche le spese di lite

E alla fine il Tar - Prima sezione del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - diede ragione a Ats Insubria e torto all’ex Consiglio di amministrazione della Fondazione Molina presieduto da Christian Campiotti.
Il commissariamento della storica “casa di riposo” dei varesini - ovvero la sostituzione del Cda con il commissario straordinario Carmine Pallino, nel novembre del 2016 - fu una decisione ineccepibile. E per questo il Cda che aveva fatto ricorso appunto al Tar contro il commissariamento deve pagare le spese di lite nei confronti di Ats Insubria e di Regione Lombardia, versando all’una 10.000 euro e all’altra 2.000, con effetto molto probabilmente “tombale” sulla battaglia per il controllo della Fondazione Molina, che oggi ha un nuovo Cda presieduto da Guido Bonoldi.
La sentenza del Tar arriva alla fine di un iter complicatissimo, che ha visto un’infinità di ricorsi, controricorsi, decisioni parziali del Tar e poi del Consiglio di Stato.
Si tratta di 37 pagine che esaminano la vicenda da ogni punto di vista, con una parte interessante anche per chi è digiuno di giustizia amministrativa, e cioè la parte dedicata al “casus belli” che portò al commissariamento del Molina da parte di Ats Insubria: l’ormai famoso «prestito obbligazionario convertibile in azioni emesso da una società (Rete 55 srl) operante nel settore televisivo, per un importo pari a 450.000 euro».
Ebbene, a questo proposito il Tar rileva che in questo caso «emerge la inesistenza di una situazione di “urgenza” tale da giustificare l’esercizio degli eccezionali poteri riservati dallo statuto al presidente del Cda», anche perché si parla appunto di 450.000 euro a fronte di «fondi liquidi complessivamente detenuti dalla Fondazione, pari a 10 milioni di euro».
Inoltre, «il compimento di una siffatta operazione, per certo “singolare” rispetto alla ordinaria attività della fondazione», avvenne «in assenza di alcun flusso informativo a beneficio dell’organismo».
E «rilevante appare, invero, anche il profilo relativo alla potenziale “incompatibilità” dell’investimento con lo status di Onlus».
Questo perché «l’operazione in cui si è addentrata la fondazione presupponeva la possibilità di ottenere il controllo di una società operante nel settore televisivo (nell’ipotesi di una mancata restituzione del prestito, ndr).
Ed «è questa opzione - scientemente acquisita dal presidente e acriticamente, ovvero inconsapevolmente, recepita dal Cda - a porre seri rischi di compatibilità con le finalità solidaristiche» del Molina.
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