IL CASO
Varese, la moschea fa discutere
Dibattito anche sui Social dopo l’immagine dei musulmani in preghiera all’aperto. «La politica si disinteressa»

Il nuovo centro culturale per la comunità islamica continua a far discutere, ma soprattutto a dividere i varesini. E i musulmani insistono: «Dateci la possibilità di pregare in un posto ampio, dateci l’autorizzazione per farlo e noi lo facciamo».
Il dibattito, politico ma anche tra semplici cittadini, dopo la pubblicazione delle immagini dei musulmani in preghiera in via Giusti e del loro appello per trasferirsi , è esploso. A tutti è evidente che la comunità islamica non possa più restare a Bizzozero, ma nessuno è in grado di trovare un’alternativa. Alla politica sembra non interessare.
Da un parte il centrodestra chiede più controlli nel rispetto delle norme anti-Covid e di fermare quelli che reputa assembramenti durante la preghiera del venerdì. Dall’altra parte c’è il silenzio assordante del centrosinistra, che in cinque anni di amministrazione non ha saputo trovare una soluzione per il centro culturale e in campagna elettorale probabilmente preferisce non esprimersi.
Elezioni a parte, ci sono poi i varesini che da giorni discutono online sulla questione. E non lo fanno solo tra di loro, perché la comunità islamica è ben integrata a Varese, e sui social ha preso parte al dibattito. A chi critica le modalità di preghiera, all’aperto, per la strada e sulla rampa di un condominio, hanno cercato di spiegare che «abbiamo un luogo di culto che è veramente piccolo, dateci la possibilità di pregare in un posto ampio, dateci l’autorizzazione per farlo e noi lo facciamo - scrivono -. Non possiamo nemmeno continuare a fare attività culturali tra noi giovani musulmani perché il luogo di via Pisacane non è più accessibile per noi. Eravamo ben organizzati, con tanto di materiale per igienizzare e misurare la temperatura. E ora questo ci è negato perché non abbiamo più una sala per noi».
A chi invece li accusa di non rispettare le norme anti-Covid spiegano che «i luoghi vengono disinfettati ad ogni apertura e a ogni chiusura, prima dell’arrivo dei fratelli e le sorelle in fede e dopo la fine della preghiera. Preoccupatevi degli assembramenti sugli autobus».
E poi ci sono loro, i residenti di via Giusti e quelli di via Pisacane, con le loro comprensibili ragioni: i primi lo stanno provando, i secondi lo temono, ma una moschea vicino a casa comporta una svalutazione delle loro proprietà immobiliari. E qui rientrano in gioco i massimi sistemi. «Purtroppo la legge non ha imposto alle amministrazioni dei tempi certi per individuare, sul suolo comunale, delle aree specificatamente destinate a luoghi di culto - spiega Giorgio Stabilini, responsabile della comunità musulmana -. E nessuno, tra destra e sinistra, ha mai preso questa decisione».
Basterebbe poco per mettere tutti d’accordo. «È anche una questione di civiltà - insiste -. Una decisione va presa e un’area individuata perché la comunità a Varese è presente e integrata». Non per rimetterla in politica, ma sono cinque i candidati consiglieri comunali musulmani a questa tornata elettorale: «Forse con una rappresentanza attiva nelle sale del potere potremo far valere meglio i nostri diritti - conclude -. Del resto a Milano hanno un assessore musulmano e a Londra un sindaco».
Quella inglese è un altro tipo di immigrazione, la nostra è prevalentemente economica ma sempre determinata ad integrarsi a tutti i livelli, è solo questione di tempo.
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