L’INTERVISTA
«Vi porto Faber, sarà fantastico»
Stasera la PFM canta De André: tutto esaurito. Parla il varesino Flavio Premoli, tornato nella band

«I testi di Fabrizio sono poesie, Franz non ha mai cantato così bene e noi suoniamo da paura; senza boria ma anche senza falsa modestia, questo è un tour semplicemente fantastico».
Così Flavio Premoli presenta “PFM canta De André Anniversary” che questa sera, martedì 21 maggio alle ore 21, farà tappa in un Teatro Openjobmetis da tempo sold out.
Accanto al tastierista varesino troveremo un altro fondatore della band che ha imposto il rock italiano sulla scena mondiale, Franz Di Cioccio (voce e batteria), unico artista sempre presente nel gruppo, Patrick Djivas (basso), Lucio Fabbri (violino, tastiere, chitarra e voce), Roberto Gualdi (batteria), Marco Sfogli (chitarra) e Alberto Bravin, tastiere aggiunte e voce. Completa il quadro Michele Ascolese, storico chitarrista di Faber.
Festeggiate i 40 anni di “Fabrizio De André in concerto - Arrangiamenti PFM”. Allora l’idea di fare incontrare un cantautore con una band progressive era quasi rivoluzionaria, a chi venne?
«Mi verrebbe da dire “al destino” che si è divertito a lanciare i dadi facendo saltare il banco. Le cose andarono in questo modo: eravamo a pranzo da Faber, in Sardegna, e a un certo punto Franz la buttò lì: “Perché non facciamo qualcosa insieme?” A Fabrizio la proposta piacque molto, ancora di più quando i discografici dimostrarono ostilità verso il progetto. Agli ordini preferiva le provocazioni».
Si dice non avesse propriamente un carattere facile...
«Premetto che stiamo parlando di un genio. Sceglieva sempre il confronto aperto, franco, che poteva diventare contrasto aspro. Riconoscendone la grandezza, nessuno di noi ha mai pensato di discutere con lui dei testi delle canzoni, sulla musica invece ci sentivamo di potere dire la nostra. Una volta noi due litigammo seriamente e la presi male, avevo già la valigia in mano ma sul pianoforte trovai una sua lettera così dolce che cambiai idea. In quel clima nacque l’arrangiamento di “Un giudice” che stravolgeva quello originale, lui lo promosse a pieni voti».
Dal 1979 al 2019, da poco è uscito l’album “Faber Nostrum”, quindici brani di De André interpretati da vari artisti della nuova scena musicale, perché Fabrizio piace anche ai giovani?
«Per la forza dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti. Per noi è una gioia vedere ogni sera tra il pubblico ragazzi e ragazze di 15-16 anni cantare a memoria le sue canzoni. Testi profondi, sempre attuali, di un’infinita bellezza, quelli di Fabrizio che i giovani possono conoscere e apprezzare grazie anche al lavoro straordinario di Dori Ghezzi, impegnata a difendere e valorizzare al meglio un repertorio che rappresenta un patrimonio culturale e umano inestimabile».
Lei è tornato nella PFM e on the road dopo dodici anni di assenza dal palco, si è forse pentito?
«Per nulla. Alla vigilia la sentivo in qualche modo come una sfida che oggi posso considerare vinta. Certo non ho più l’età di quando facevo le “serate”, allora si chiamavano così, con i Quelli e il nostro giro d’Italia un po’ pesa. Miles Davis diceva: Quando suono mi diverto, dunque lo faccio volentieri gratis, i soldi che chiedo sono per il resto della giornata. È una frase che mi viene in mente spesso. Fatica a parte, sono felice, inizialmente le date previste erano venti, e per le richieste si sono triplicate e ovunque c’è il tutto esaurito. Per la prima volta non mi è possibile trovare un buco per parenti e amici».
A Varese è come giocare in casa?
«Certo, ci vivo bene, ho provato a tradirla con Milano per motivi di lavoro ma sono tornato indietro di corsa. È la mia città e mi piace frequentarla, non sono uno che ama nascondersi o fuggire. In fondo è qui, che, armato di penna, quaderno e piano, qualcosa ho creato».
Questa sera solo Faber o anche un assaggio di PFM?
«È un festa, lasciamo sia una sorpresa».
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