La Prealpina - Quotidiano storico di Varese, Altomilanese e Vco.

Adelina era stata una schiava dei nostri giorni, costretta a prostituirsi nel Tradatese da un’organizzazione criminale composta da una quarantina di suoi connazionali albanesi e di italiani, e da questi uomini era stata sfruttata, violentata e torturata. Ma poi aveva deciso di dire basta, aveva denunciato i suoi aguzzini, li aveva fatti condannare ed era diventata una donna libera. Succedeva più di vent'anni fa. Da allora Adelina aveva lottato per liberare altre prostitute, andando tra l'altro in televisione, portando il suo esempio in Rete e nelle strade, e scrivendo libri. Aveva cercato di vivere un'esistenza normale. Aveva tentato inutilmente di ottenere la cittadinanza italiana. E alla fine si era gravemente ammalata. Ultimo atto della sua storia, la decisione di suicidarsi, presa sabato sera a Roma, sotto la pioggia, a cui è seguito un volo fatale dal ponte Garibaldi alla sottostante banchina di cemento.

Adelina aveva 47 anni, dato che era nata nel luglio del '74 a Durazzo. Nella memoria di tanti varesini ci sono ancora le sue apparizioni, dopo le indagini che l'avevano liberata, con i poliziotti della Squadra Mobile di Varese, che chiamava «i miei angeli», e i suoi appelli ad altre ragazze che vivevano il suo stesso incubo: «Non abbiate paura perché una volta fatta la denuncia vi daranno un permesso di soggiorno per protezione sociale che vi darà la possibilità di lavorare legalmente e, nello stesso tempo, di studiare - diceva -. Fidatevi della Polizia di Stato. Io ho avuto il coraggio di ribellarmi cancellando quasi del tutto il mio passato».

Da allora, però, tante amarezze, compresa quella di non poter diventare italiana - era apolide -, nonostante appelli a due presidenti della Repubblica e al ministro dell'Interno Matteo Salvini. Fino alla resa di sabato sera a Roma, dove qualche giorno prima si era anche data fuoco davanti al Viminale ed era stata salvata dai passanti.

Paolo Grosso

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