L’ARTISTA IN REDAZIONE
Uragano Cirilli alla Prealpina
«Politically correct? Che noia»
«Questa faccenda del politically correct ci sta sfuggendo di mano. Ormai per far ridere ci vuole l’autorizzazione».
Parole di Gabriele Cirilli, artista che definire cabarettista o comico è riduttivo: la conferma viene dal suo curriculum, impastato di tv e palcoscenico, di cinema e libri, di doppiaggi e presenze dissacranti templi sacri della risata: dal Caffé Teatro di Verghera a Zelig, da Colorado a Comedy Central.
Ieri, martedì 12 marzo, l’artista abruzzese - protagonista in serata sul palcoscenico del Teatro Auditorio di Cassano Magnago col suo Nun te regg più - insieme con l’inseparabile moglie-produttrice Maria, ha fatto visita alla redazione della Prealpina, condividendo coi giornalisti la preoccupazione che l’impegno sull’analisi della realtà, inclusa quella che porta alla risata, sia sempre più schiacciato tra l’incudine del moralismo e il martello della rete.
Cirilli, partiamo da qui: che fine ha fatto Tatiana? Non sarà diventata anoressica?
«Per carità. Magari è a dieta come me (e abbozza un sorrisetto alla sua Maria, ndr) però un fatto è certo. Ogni volta che pronuncio la fatidica frase della sua amica Kruska - Chi è Tatiana? - sudo freddo. Visto mai che mi becco una querela per body shaming? E sì che Tatiana era nata proprio per portare alla luce d’un sorriso quell’abitudine malsana che era ed è il rimpilzarsi come antidoto a ben più profondi disagi. Ho dovuto scrivere un libro per spiegarlo...».
Per questo parla poco di politica nei suo spettacoli?
«I politici sono suscettibili e poi capita che spesso facciano già da soli concorrenza involontaria ai comici».
A proposito di politica: a governare il suo Abruzzo sarà ancora Marco Marsilio.
«Non ho votato perché sono residente a Massa da qualche tempo. Però sono contento quando un politico aiuta la sua terra e, lo dico da artista, si dimostra sensibile alle istanze di chi fa arte. Dal 2020 l’Abruzzo ha la sua Film Commision proprio grazie a Marsilio. E la Factory di Cirilli, ovvero la mia scuola di recitazione a San Salvo, in provincia di Chieti, non ha incontrato ostacoli burocratici di sorta per venire alla luce. E funziona bene: abbiamo due corsi biennali pieni con docenti d’eccezione».
Nun te regg più, al di là della forma scritta, è un testo del compianto Rino Gaetano, uno che non le mandava certo a dire.
«Mi sono ispirato a lui proprio perché a un certo punto mi sono reso conto che avevo le tasche piene, per dirla appunto col politically correct, di tante abitudini che stanno prendendo il sopravvento sulle nostre vite: non reggo più i call center che ti svegliano alle sette del mattino o ti piombano sul piatto mentre stai per addentare la prima forchettata di spaghetti. Non reggo più i litigi virtuali sui social al punto che rimpiango certe turbolente riunione condominiali dove ci si diceva tutto in faccia. Non reggo più i luoghi comuni né quel che si deve o non si deve fare. A 56 anni sarò libero di avere un’opinione e, nel caso, di scherzarci su senza che a qualcuno venga la bell’idea di querelarmi per raccattare qualche soldo? Il bello è che il pubblico la pensa come me».
«Il guaio è proprio questo - interviene Maria, accendendo un inatteso siparietto coniugale -. Non si può più scherzare su nulla senza che qualcuno si offenda e chieda soldi. C’è più fame di denaro che di leggerezza: indice di una società malata».
«Vabbé Mari’ - replica Gabriele da Sulmona - allora parla tu ma attenta che poi... nun te regg più. Battute a parte, sono oltre quarant’anni che Maria e io facciamo coppia fissa. Pensi che quando Gigi Proietti, alla cui grande scuola mi sono formato e che mi ha insegnato il rispetto assoluto per il palcoscenico - oggi sempre più ridotto a oggetto per affitta teatri - mi disse che avevo voce da tenore e che avrei dovuto studiare canto, fu proprio lei, allora farmacista, a pagarmi le prime lezioni: sessantamila lire all’ora, il suo guadagno di giornata. Presi quattro lezioni e virai dritto su quel che avevo sempre desiderato fare sin da bambino, quando a sei anni recitavo a memoria le battute di Ettore Petrolini. Fu anche così che mi ritrovai al Caffè Teatro di Verghera, da Maurizio Castiglioni: la sera ero sul palco e la notte dormivo nella stanza sopra il locale. Una grande scuola di umanità e l’inizio di una altrettanto grande amicizia con Maurizio, cui il cabaret italiano deve molto».
Anche la relazione tra uomo e donna viaggia su fili delicati.
«Troppi uomini non riconoscono più la linea insuperabile del no pronunciato da una donna. Così se azzardi un complimento finisce che rischi la denuncia per molestie, quando a ogni donna che riceve un complimento sgradito dovrebbe essere sufficiente rispondere con un grazie ma non m’interessa. Invece oggi finisce che certi maschi, davanti a quel nosacrosanto, perdano la testa. Anche questo è un pessimo segno dei tempi che marca la disumanizzazione cui ci sottoponiamo spesso senza critica».
E qui entra in gioco la satira...
«Esatto. La funzione della risata è catartica proprio in questo senso: permette di superare i confini di ciò che altrove sarebbe bollato come maleducato nella migliore delle ipotesi ma che rivela le ombre di una società che si crede perfetta e che perfetta non è: se ci si azzarda a dire quanto sei bella a una donna si rischia la querela. Se la si maltratta, invece, non di rado finisce che la pena non la si sconta mai per intero».
Lei è uomo di spettacolo a tutto tondo: che pensa dell’ultimo Festival di Sanremo e della recente Notte degli Oscar?
«Sanremo ormai è una macchina da share grazie ad Amadeus ma soprattutto a Carlo Conti che ha dato il la al cambiamento del Festival. Gli Oscar? Mi sono commosso per Io Capitanoche ritengo un grandissimo film ma credo che il livello del cinema, dopo l’astinenza provocata dalla pandemia, si sia alzato. La battuta di Massimo Ceccherini sul film di Matteo Garrone? Che dicevamo del politically correct?».
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