IL COMPLEANNO
«A 83 anni vi regalo una canzone»
Festa a “Propaganda Live” con il primo tormentone estivo del cantante

«Non un granché ma sempre elegante». Così, nel giorno del suo compleanno, si autodefinisce, «scherzosamente, non vorrei che qualcuno ci credesse», Memo Remigi. Oggi tocca quota 83, lontano dalla sua Varese, a Roma, dove, per impegni professionali, è da febbraio e rimarrà fino a tutto giugno.
Festeggerà in tv?
«Di certo, come sempre, dalle 14 alle 16, sono su Rai 1. Non so se Serena Bortone, la conduttrice, e gli altri amici di “Oggi è un altro giorno” abbiano in serbo qualche sorpresa. Ignorando se riceverò regali, ho deciso di non presentarmi a mani vuote domani sera a “Propaganda Live”. Sentirete la mia nuova canzone».
Perché ha scelto di proporre il brano inedito a La7 e non in Rai?
«Non si tratta di una questione di reti ma di programmi. Il pezzo è così lontano dal mio repertorio tradizionale che solo una banda di pazzi come quella di Diego Bianchi può decidere di lanciarlo. Mi hanno messo a disposizione pure le ballerine».
Una canzone per ballare, stile tormentone estivo?
«Speriamo lo diventi. Si intitola “ComoShapira”, è un reggaeton, le prime parole sono “Nella plaza del sol”. Con me c’è il rapper Nartico. Ci vedrete in un videoclip, circondati da belle fanciulle, in una spiaggia che sembra di Porto Rico, la culla di questo genere musicale, ma in realtà è Fregene. Manco a dirlo, non sono in costume ma vesto elegante, un candido completo panama».
“Propaganda Live” e “Oggi è un altro giorno” sembrano mondi lontanissimi; una doppia militanza impegnativa?
«Piacevolissima anche per le risposte della gente che mi ferma per strada per un saluto, un autografo o un selfie. Chi ha una certa età, non dico proprio la mia, si complimenta per “Oggi è un altro giorno” e in genere per la carriera musicale, per i più giovani sono quello di “Propaganda Live”, che dal 2017 mi ha regalato una seconda o terza giovinezza e la popolarità tra ragazzi che, fino a quel momento, non sapevano chi fossi».
Si dice che inizialmente entrambi i programmi prevedevano la sua presenza in una sola puntata. Battuta a effetto o verità?
«È la pura, sacrosanta verità. Una costante nel mio percorso televisivo, mi assaggiano e poi, se mi trovano buono, mi tengono. Per la mia gioia. Piena fino a quando c’era la mia adorata Lucia, quando sono andato a “Oggi è un altro giorno” era da poco scomparsa. Sono un professionista che deve tantissimo al suo lavoro, dunque so cosa devo e posso fare e mi diverto a fare il juke box al piano o a raccontare aneddoti su Rai 1 o a fingermi agofobico al centro vaccini per conto di Zoro. Sorrido spesso ma senza mia moglie, non ho mai nascosto l’amore, non lo faccio per il dolore, mi sento come un’auto con una bella carrozzeria ma dal motore spento».
Per Lucia è nato “Innamorati a Milano”, il suo brano più fortunato. Un testo per nulla innocuo, a cominciare da quel «Senza fiori / senza verde».
«Sì, e la stranezza era che l’amore sbocciasse in una città così. Correva l’anno 1965, forse Arturo Testa, sue le parole, mia la musica, era troppo avanti. La canzone non piacque ai padroni di Milano ma a tutti gli altri sì. Andò meno bene a “Una famiglia”, pezzo ancor più impegnato, in gara al Festival di Sanremo del 1969 ma escluso dalla finale».
“Varese va” potrebbe entrare in un’ideale compilation per la ripartenza?
«L’ho composta per i Mondiali di ciclismo del 2008 ma non ha scadenza, è un inno alla nostra terra. Io e Bacio, il mio cane che mi sono portato a Roma, non vediamo l’ora di tornare per ritrovare i nostri boschi e ripercorrere in moto la nostra strada preferita, quella che da Brinzio porta a Luino. Roma è Roma, non si discute ma io, che pure ho abitato a lungo a Milano, resto uomo di provincia e Varese, in cui vivo dal 2004, è una città che ho nel cuore».
Passiamo al calcio. Lei è tifoso dell’Inter e del Como, meglio di così non poteva andare...
«Direi, e ho anche festeggiato. Con sobrietà, davvero, per capirci non come Pio e Amedeo nel film “Amici come noi”. Resto un tifoso tiepido ma se lo scudetto dell’Inter me lo aspettavo, la promozione dei lariani mi ha piacevolmente sorpreso. Conoscendo la rivalità, chiedo comprensione ai varesini e li invito a considerare che sono stato un calciatore nel Como, giocavo nelle giovanili quando la squadra era in A e schierava un certo Gigi Meroni. Ero bravino ma la mia costituzione, non proprio alla Lukaku, mi ha costretto a interrompere passando dal campo al palco».
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