L’APPELLO
«Non fateci buttare il latte»
L’allarme della cooperativa: è calato il consumo, ogni settimana a rischio 350 quintali

«Non sono macchine, le mucche. La produzione di latte non si ferma».
L’uovo di Colombo, direte. Ma tra i problemi che si affacciano in epoca di coronavirus, c’è anche questo. E cioè: dove mettere tutto il latte che viene munto nelle stalle. E che rimane invenduto.
A lanciare l’allarme è il general manager della Cooperativa Agricola Latte Varese, Franco Donato. Ogni settimana si rischia di buttare via tra i 250 e i 350 quintali di latte. Una sovraproduzione che è inevitabile in questa fase di bar, ristoranti e gelaterie chiusi. I cittadini continuano a comperare latte, ma di certo le vendite sono calate almeno del 60-70 per cento .
«Inevitabile e di certo non è colpa dei cittadini e dei consumatori», commenta il responsabile della cooperativa che conta 24 soci, il che significa altrettanti allevatori che conferiscono il latte ogni mattina.
L’abitudine a fare la spesa diventa magari settimanale, si compera il latte fresco non tutti i giorni perché si esce di meno per la spesa e si prediligono confezioni a lunga conservazione.
Se è vero che la cooperativa varesina rifornisce al 50 per cento i supermercati e che il piccoli negozi spesso sono chiusi o ad attività ridotta in queste settimane, il problema che si pone è il seguente: come utilizzare la grande quantità di latte che rischia di essere gettata via?
«L’appello va non solo ai caseifici ma soprattutto alle multinazionali perché, di solito, sono le grande industrie di trasformazione che utilizzano latte comperato all’estero, perché costa meno», prosegue Franco Donato.
«Ecco, un sostegno utile e importante: dare un aiuto alle aziende agricole locali facendo in modo che questo latte in più non venga sprecato. La sopravvivenza di chi ha stalle in provincia di Varese e in una prima parte del Comasco e che conferisce il latte alla Cooperativa Latte Varese è già difficile, a prescindere dall’emergenza sanitaria da coronavirus.
Se un tempo la cooperativa contava fino a 200 soci, inevitabile che con la trasformazione dell’economia locale il numero dei soci della gloriosa unione fondata nel 1933 si sia ridotto. Eppure, resiste.
E il piacere di gustare il latte munto nella stalla vicino a casa, invece che chissà dove, dovrebbe già orientare le scelte.
Intanto gli operatori di questo bene primario, continuano nella produzione quotidiana.
Si sono armati di mascherine guanti e disinfettanti e chi va a ritirare il latte nelle aziende agricole, è altrettanto protetto.
Non c’è praticamente nessun contatto diretto tra gli operatori e chi gestisce le stalle: nella maggior parte dei casi gli autisti arrivano nel cuore della notte, attaccano letteralmente un tubo al frigo dove viene raccolto il latte fresco, proseguono nella raccolta e tornano, con il loro prezioso liquido, nella sede di Varese della cooperativa.
Qui alle tre di notte gli impianti cominciano a entrare in funzione, si procede, non appena arriva il latte a tutte le analisi quotidiane svolte per accertare la purezza dell’ alimento (non deve esserci la benché minima traccia di antibiotici) e quindi si continua con la pastorizzazione e il confezionamento.
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