GUARDIA DI FINANZA
Hydra, boss ai Tropici e mandato di cattura
La compagna denunciata girava a Milano con una lince

Il boss latitante dell’operazione Hydra della Guardia di Finanza, l’uomo che ha avuto un ruolo fondamentale nel sodalizio criminale al quale si contesta una gigantesca truffa, è a Santo Domingo. E il sostituto procuratore di Varese che ha coordinato l’indagine, Annalisa Palomba, proprio in queste ore sta depositando un mandato di cattura europeo e internazionale, così che procedano alla sua cattura le autorità del paese in cui si è rifugiato.
Questa l’ultima novità di un’inchiesta che ha visto qualche settimana fa l’arresto di nove persone, ma non del capo del gruppo criminale. La Procura è sicura alla fine di riuscire a prenderlo e per un certo periodo si è sperato che l’uomo decidesse alla fine di tornare in Italia. Ma avendo già una condanna sulle spalle il boss andrebbe subito in carcere, per restarci a lungo, ed evidentemente questo l’ha dissuaso dall’abbandonare i Tropici.
Sempre a proposito dell’operazione Hydra, dalle carte emerge poi una vicenda davvero curiosa. La compagna del boss, denunciata a piede libero dalla Gdf, è la donna bulgara che lo scorso anno era stata fotografata a Milano mentre portava a passeggio al guinzaglio una lince del deserto Caracal, con grande scalpore sui “social”, e in seguito era stata denunciata per detenzione di animali pericolosi per l’incolumità pubblica. L’animale, nato in Belgio e acquistato in Repubblica Ceca nel maggio 2017 per 10mila euro, era stato sequestrato: nell’appartamento in centro Milano della proprietaria, nonostante la pericolosità della specie, era lasciato libero.
Nei mesi scorsi è successo però che la lince ha smesso di mangiare nella clinica veterinaria a cui era stata affidata, evidentemente perché sentiva la mancanza della padrona, e quindi a lei è stata riconsegnata, anche se con l’obbligo di tenerla chiusa in casa.
Arrestati e denunciati nell’ambito dell’indagine, molti dei quali stanno ammettendo le loro responsabilità e chiedendo di patteggiare, s’impadronivano di società di capitali e di persone, prossime al fallimento o perché chi le cedeva era connivente, e ne facevano il centro delle loro attività criminali, arrivando a causare danni complessivi per oltre sette milioni e mezzo di euro. Poi, non appena una società veniva scoperta dalla Guardia di Finanza di Varese, ecco che subito dopo un’altra si presentava: come l’idra, appunto, il serpente mitologico dalle tante teste che rinascono una volta tagliate.
Nove, come detto, le persone arrestate, tutte italiane tranne una, e nel gruppo anche due commercialisti (non varesini). Accanto alle ordinanze di custodia cautelare in carcere, c’è poi la denuncia per 123 tra promotori, organizzatori e “teste di legno”, ossia persone che percepivano un’indennità di disoccupazione in seguito a una fittizia perdita del lavoro. Il sodalizio criminale, con ramificazioni in tutt’Italia, aveva preso il via proprio da Varese, dove c’era la mente criminale che avrebbe ordito la grande truffa.
I finanzieri sono partiti da un sequestro di pellet apparso sospetto, e poi, sviluppando gli accertamenti, hanno coinvolto ben 82 società, con sequestro di beni per oltre un milione di euro (in parte, tra pc, mobili, porte blindate, stufe, rame, alcolici, restituiti agli aventi diritto).
In pratica il sodalizio criminale simulava assunzioni fittizie: i 92 “dipendenti”, una volta licenziati, richiedevano l’indennità di disoccupazione, che per il 30 per cento finiva nelle loro tasche e per il resto della somma in quelle del gruppo, per un totale che sfiorerebbe il milione di euro.
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