PICCOLO SCHERMO
Varese-Roma, viaggio nel mito
Laura Cotta Ramosino racconta “Romulus”, la serie tv Sky che ha prodotto

Come è nata Roma lo spiegano in tv. Per l’esattezza su Sky, dove domani, venerdì 6 novembre, alle 21.15, debutta “Romulus“, serie in 10 puntate, prodotta con Cattleya e Groenlandia, diretta da Matteo Rovere, apparso “fuori dal coro” sin dal debutto cinematografico con “Un gioco da ragazze“ e giunto al successo pieno con “Il primo re“, “parente stretto” di ciò che vedremo in queste settimane. Della squadra fa parte la varesina Laura Cotta Ramosino, in altre opere impegnata come sceneggiatrice e qui produttore esecutivo, dunque partecipe del progetto dall’inizio alla fine.
Quando è iniziata l’avventura di “Romulus”?
«Tre anni fa, l’idea originale è di Rovere, praticamente contemporanea a quella di “Il primo re“. Nel film si raccontava la leggenda di Romolo e Remo, nella serie la genesi di quella storia. Semplificando, torna il vecchio peplum ma nel modo più corretto possibile».
Con l’eccezione di “Lockdown all’italiana” di Enrico Vanzina, i film apparsi in questi mesi sullo schermo sembravano di un’altra epoca. “Romulus” è ambientato nell’ottavo secolo avanti Cristo, lingua ufficiale il protolatino, non vi sembra di esagerare?
«In realtà è molto più contemporaneo di quanto si possa pensare. Partendo dal fatto che l’uomo deve fronteggiare una natura anche nemica e misteriosa. Quello che abbiamo passato durante le riprese, in luoghi impervi, grotte del Lazio quasi inesplorate, e in balia degli elementi, è davvero poco rispetto ai segnali o alle insidie che in “Romulus” si nascondono dietro ogni cosa. Si parla di potere, religione, violenza, ambizioni e amore, temi ancora d’attualità. In quanto al protolatino, è stato un problema solo per gli attori che hanno dovuto studiare molto e attenersi rigorosamente al copione ma i telespettatori li sentiranno doppiati in italiano».
Nel 2004, con sua sorella Luisa, anche lei molto attiva nel mondo della fiction, avete scritto il libro “Tutto quello che sappiamo su Roma l’abbiamo imparato a Hollywood“. Qualcosa era già nell’aria?
«Mi sono laureata in Lettere classiche con dottorato in Storia antica, materia che amo da sempre. Mi piace pensare che “Romulus” non sia arrivato per caso».
Le piace anche la Roma di oggi?
«Sì, anche se continuo a sentirmi una varesina a Roma. Il lavoro mi ha portato qui nel 2004 ma ho chiesto la residenza solo dopo 15 anni e a Varese torno spesso e volentieri».
A cosa sta lavorando?
«A un doppio impegno, sempre per Cattleya, dove sono dal 2016: una nuova stagione di “Nero a metà“, con Claudio Amendola, e l’adattamento italiano di “This Is Us“, serie tv di grande successo negli Usa».
Quando Canale 5 si deciderà a trasmettere “Made in Italy”?
«Spero presto, l’hanno visto anche in Australia. Luisa ed io teniamo molto in particolare alla puntata dedicata a Rosita e a Ottavio Missoni, che abbiamo scritto, seguendo poi le riprese a Sumirago».
Avete un comune sogno nel cassetto?
«Sì e da un po’, anche se temiamo sia destinato a rimanere tale: comprare il cinema Vittoria. Abbiamo iniziato a pensarci ai tempi del liceo, soprattutto dopo averci visto “L’attimo fuggente” e “La leggenda del santo bevitore”. Se abbiamo scelto questa professione, lo dobbiamo anche a quella sala di via Bagaini».
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