IL REPORTAGE
Varese, Zona 30: il limite è solo sui cartelli
In via Cavour si corre ancora. Segnaletica poco visibile

Varese si avvicina sempre di più all’obiettivo tracciato nel Pums (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile): diventare una “città 30”, cioè un luogo in cui la velocità viene ridotta in modo sistematico, almeno nelle aree centrali e in quelle a forte vocazione pedonale.
Lo scorso maggio il Comune ha esteso la Zona 30 in diverse vie attorno alla stazione ferroviaria, uno dei nodi più trafficati della città. Nel dettaglio, i nuovi tratti inseriti riguardano viale Milano, da piazza Madonnina a via Medaglie d’Oro, via Casula tra largo Comolli e viale Milano, via Maspero da piazzale Kennedy a viale Milano, e via Como nel tratto tra l’intersezione con via Cavour e viale Milano. A queste si aggiungono tre vie interamente soggette al limite: via Cavour, via Rainoldi e via Luini.
Tutti nomi che compongono un perimetro preciso, quello del comparto stazioni, una delle aree centrali su cui l’amministrazione intende concentrare la trasformazione urbana. L’obiettivo è migliorare la qualità della vita, ridurre incidenti e inquinamento, aumentare la sicurezza per i pedoni e, nel tempo, cambiare la cultura della mobilità.
Il confronto con Casbeno
Un conto, però, sono le carte, un altro è la strada. Proprio in strada siamo andati per capire se questi limiti vengano rispettati e, soprattutto, se siano percepiti da chi guida o cammina.
Tra viale Milano e via Casula, per esempio, la situazione è chiara: il traffico procede a rilento verso il centro e la stazione. Non per via dei cartelli, ma per forza di cose: le code che si formano, soprattutto nelle ore di punta, rendono praticamente impossibile superare i 30 chilometri orari. Dunque lì il limite si rispetta anche senza accorgersene.
Diverso il discorso su via Cavour, dove il limite è stato esteso a tutta la strada, ma pochi se ne sono accorti. Il titolare di un bar della via, Giuseppe Puce, si guarda intorno perplesso alla domanda sul nuovo limite. «Qui passano tutti sempre con la medesima velocità», ammette. La segnaletica verticale c’è, ma bisogna cercarla: i cartelli sono piccoli, piazzati in alto e affacciati sull’asfalto, dove invece manca completamente la segnaletica orizzontale. Nulla che richiami visivamente l’attenzione, nessun pittogramma o scritta a terra. Un dettaglio non trascurabile, se si considera che in via XXV Aprile, dove il limite 30 esiste da anni, la differenza si vede: cartelli evidenti, scritte chiare sull’asfalto, asfalto in buone condizioni.
In generale, il cartello “zona 30” compare, ma bisogna sapere dov’è. Non salta all’occhio, non “parla” all’automobilista come dovrebbe. Il risultato è che ci sono vie dove il limite si rispetta perché il traffico lo impone, altre dove la gente continua a sfrecciare come prima, ignorando che qualcosa sia cambiato. La direzione è giusta, ma la strada – in tutti i sensi – è ancora lunga. Serve più chiarezza, più coerenza, più visibilità, altrimenti la “città 30” rischia di restare un progetto scritto bene, ma segnalato male. E i benefici promessi rischiano di non arrivare alla cittadinanza.
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