IL PROCESSO
Botte per il tatuaggio alla moglie
Due uomini a giudizio si scambiano accuse reciproche. Ma non c’è un testimone

Quando ha scoperto che la moglie voleva farsi l'ennesimo tatuaggio, s'è precipitato nel negozio per fermarla. Ne è nata un'accesa discussione con il tatuatore, che adesso si ritrova sotot processo con l'accusa di lesioni personali aggravate dall'uso di una "arma": una stampella che aveva con sé per via di un'infiammazione di un tendine che ogni tanto torna a farsi sentire.
«Io ho gridato basta tatuaggi!, ma ce l'avevo con mia moglie - ha raccontato la parte offesa oggi, venerdì 20 settembre, nell'aula del Tribunale di Varese, davanti al giudice Valentina Maderna -. Lui ha risposto Ora ti sistemo io!, è andato a prendere la stampella e mi ha colpito alla testa, in pancia e a un braccio. Sono stato io, ancora sanguinante, a telefonare ai carabinieri. Io, a lui, non l'ho nemmeno sfiorato».
Diversa la versione del titolare del negozio inaugurato l'11 giugno del 2017, due giorni prima della zuffa.
«Lui mi minacciò ha detto -. Ti taglio le mani, ti scanno, ti brucio il locale. Io ho preso la stampella, lui l'ha afferrata e ce la siamo contesa per un po', uno tirava da una parte, uno dall'altra - ha riferito al pm Arianna Cremona -. Durante la colluttazione ho sentito un colpo all'addome. Poi è arrivato un mio collaboratore e ha invitato quell'uomo a uscire dal locale. Alla fine ho chiamato i carabinieri e sono andato al Pronto soccorso».
Il referto è stato depositato dagli avvocati difensori, Augusto Basilico e Flavio Lorenzin, insieme col decreto di citazione a giudizio della controparte, a sua volta denunciato dal tatuatore. I legali hanno contestato quanto dichiarato dall'uomo (parte civile con l'avvocato Lucia Vincenti) ai carabinieri nel 2017. «Lei disse Se vedo altri tatuaggi su mia moglie, me la prendo con te. Non è vero?».
«Sì, l'ho detto ma bonariamente. Ma non ho mai pronunciato la frase ti brucio il locale».
Due versioni opposte e nessun testimone oculare che possa confermare una o l'altra. Perché se la moglie se ne è tornata a casa subito dopo l'arrivo del marito, colui che è intervenuto per dividerli ha solo sentito urlare ma non ha assistito all'aggressione, mentre la figlia dell'imputato, terrorizzata, si è coperta gli occhi per non vedere.
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