Afghanistan
Battaglia di Kunduz, governo di Kabul alla prova dei talebani
Raid Usa in aiuto ad afgani. I dubbi sull'efficenza dell'esercito
Roma, 29 set. (askanews) - I caccia americani sono intervenuti alle prime ore del mattino, mentre le truppe afgane organizzavano una controffensiva. Obiettivo, "eliminare la minaccia". Una pioggia di bombe si è abbattuta su postazioni talebane a Kunduz, nel Nord dell'Afghanistan, caduta in mano agli "studenti del Corano". L'alleato della Nato in soccorso del governo afgano, a un anno esatto dall'insediamento del nuovo presidente Ashraf Ghani. E a poco più di tre mesi dalla chiusura della missione Isaf nel Paese.
LA CONQUISTA DI KUNDUZ
Ieri, per la prima volta dalla fine del loro regime nel 2001, i talebani avevano preso il controllo di una grande città del Paese. E Kunduz non ha solo 300.000 abitanti, è anche uno snodo strategico per la sua posizione tra Kabul e il Tagikistan. Guidati dal governatore ombra della provincia omonima, il mullah Abdul Salam, i ribelli hanno occupato il quartier generale della forza di polizia e il carcere cittadino: centinaia di detenuti sono stati liberati, mentre le truppe governative, numericamente in difetto e scarsamente assistite dai rinforzi, sono state costrette ad arretrare fino all'aeroporto, dove hanno preparato una controffensiva dagli esiti incerti.
Intanto, i talebani hanno spostato la loro sfida anche sul piano simbolico, innalzando la loro bandiera bianca su una piazza del centro città. Una "grande vittoria" l'ha definita il nuovo leader, mullah Akhtar Mansour. "Potremmo anche non controllare la città a lungo termine, ma l'operazione rappresenta una risposta all'asserzione del governo secondo la quale siamo in posizione di forza solo nelle aree di frontiera con il Pakistan", ha aggiunto.
KUNDUZ: DEBOLEZZA DEL GOVERNO CENTRALE
Di certo c'è che l'offensiva di Kunduz è stata un duro colpo per le forze di sicurezza di Kabul, un attacco che pone interrogativi sulla reale capacità afgana di far fronte alla minaccia talebana - e dell'Isis - non appena i 13.000 soldati della Nato ancora nel Paese avranno chiuso la missione Isaf per lasciare spazio esclusivamente ad attività di formazione e addestramento. Soprattutto, in aree come quella di Kunduz, dove il governo centrale ha enormi problemi ad imporre la propria autorità sin dal 2013, anno in cui le truppe alleate hanno lasciato la provincia.
E non è un caso che la principale resistenza ai talebani nella regione sia stata affidata in questi mesi a ex signori della guerra e alle loro milizie private. Ma alcuni tra loro sono da tempo sotto la lente d'ingradimento di autorità e organizzazioni in difesa dei diritti umani per presunte violazioni ed abusi. E ognuno risponde a differenti sostenitori politici, cristallizzando antiche e nuove tensioni tra le diverse fazioni a Kabul.
Alam, a capo di centinaia - o forse migliaia - di miliziani chiamati a difendere la città, ha spiegato alla stampa americana di essersi ritirato nella sua roccaforte a Nord della città. Prima di questa mattina, quando le truppe governative si sono ammassate e riorganizzate all'aeroporto di Kunduz, gli appelli del governo centrale per l'invio di rinforzi dalle province vicine non hanno prodotto risultati. "Ma ognuna di queste province ha dei problemi. Come potrebbero inviare unità a Kunduz?" ha commentato Alam.
L'OFFENSIVA TALEBANA NEL PAESE
D'altra parte, negli ultimi mesi, i talebani hanno esteso la loro offensiva militare a molte arene del Paese. A luglio sono finiti sotto attacco numerosi distretti della provincia di Faryab, a Nord-Ovest, e di Baghlan, nel Nord-Est, mentre il potente clan Haqqani ha lanciato in estate ripetuti attacchi multipli a Kabul e nella provincia di Khost. Più a Sud, inoltre, nelle province di Kandahar ed Helmand, i talebani non hanno mai perso il controllo di potere, armi e oppio. E nella provincia Nord-occidentale di Badghis i talebani controllano adesso la maggior parte delle coltivazioni di pistacchio del Paese. Valgono circa 30 milioni di dollari. Il tutto, mentre i jihadisti dell'Isis - tra luglio e settembre - hanno conquistato posizioni in sette distretti nella provincia di Nangahar, non lontano dalla capitale.
IL CONTRIBUTO OCCIDENTALE: IL RUOLO DEGLI USA
Nonostante dunque le dichiarazioni ufficiali sulla capacità delle forze afgane di fronteggiare la minaccia, restano i dubbi sul futuro del Paese e sul modo in cui gli occidentali possono fornire un contributo. La missione di formazione e addestramento prevista dal primo gennaio 2016 potrebbe non essere sufficiente. Secondo il Washington Post, gli Usa - che hanno ancora 9.800 militari in Afghanistan - potrebbero condurre raid aerei in casi giudicati "estremi" o di fronte a minacce particolarmente rilevanti. E' accaduto oggi a Kunduz, ma resta un intervento ad alto rischio.
Se, infatti, i caccia americani avevano pesantemente bombardato negli ultimi mesi le postazioni talebane nella provincia meridionale di Helmand, non è certo che il generale John Campbell, che guida la missione Nato, possa autorizzare pericolose incursioni aeree su zone desamente popolate, con l'elevata probabilità di vittime civili. Non è escluso invece, secondo alcune fonti Usa, un impegno diretto delle forze speciali statunitensi che attualmente operano, come consiglieri, a stretto contatto con i commando afgani.
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