L’INDAGINE
Busto Arsizio, porta droga in carcere: arrestato
Detenuto in permesso premio scoperto con 165 grammi fra cocaina e hashish
Un detenuto modello. Disciplinato, collaborativo, resipiscente, che è una qualità imprescindibile per persuadere i magistrati di sorveglianza del nuovo cammino intrapreso. Seguiva corsi, lavorava in lavanderia, aveva già ottenuto una decina di permessi premio ed era in attesa dell’affidamento in prova.
Era solo parvenza. Il castellanzese trentatreenne si è giocato la credibilità l’altra sera, al rientro dalla libera uscita: nel retto aveva nascosto 165 grammi di stupefacenti tra cocaina e hashish e la polizia penitenziaria lo ha scoperto. Il giovane - che era agli sgoccioli di una condanna di quattro anni e sei mesi per lesioni - ha negato di aver incorporato droga giurando su tutto, ma poi ha iniziato a evacuare gli ovuli nell’astanteria dell’ospedale di Gallarate e da negare non c’è stato più niente. D’intesa con il pubblico ministero Francesca Parola il castellanzese è stato arrestato ed essendo già dietro le sbarre a livello pratico non gli è cambiato nulla. Ma il conto alla rovescia per uscire da via per Cassano è ripartito da zero.
Nei prossimi giorni sarà interrogato dal gip Piera Bossi. Data la premessa è facile immaginare che qualcuno lo abbia tradito, che una fonte confidenziale abbia cioè rivelato alla Polpen cosa il ragazzo portasse all’interno della casa circondariale. E infatti gli agenti martedì sera, 23 gennaio, sono andati a colpo sicuro. Ma hanno dovuto sottoporlo all’esame radiologico per accertare la fondatezza della soffiata. Le lastre non mentono, lui però sì e fino a mercoledì mattina non c’è stato verso di farlo confessare. Difeso dall’avvocato Simona Ranisi, valuterà se rispondere alle domande del giudice - ammettendo quindi che contribuisse al commercio di cocaina e fumo in carcere - oppure tacere.
E pensare che la scorsa estate era pure stato assolto dalle accuse di estorsione e rapina: il fatto contestato risaliva a giugno del 2016. Aveva venticinque anni e non avendo né un lavoro né solide disponibilità economiche di tanto in tanto si prestava a incontri con omosessuali.
In quel caso aveva dato un appuntamento notturno nel parco a un cinquantottenne e - stando alla denuncia presentata in seguito dall’uomo - avrebbe preteso la fede nuziale e la catenina placata d’oro con l’effigie dell’Immacolata concezione minacciandolo di farlo picchiare dagli amici albanesi. L’indomani avrebbe contattato ancora il cinquantottenne per estorcergli 30 euro in cambio della collanina.
Ma nel corso del dibattimento era emersa l’inconsistenza delle accuse mosse dalla presunta vittima, tanto che lo stesso pubblico ministero, al termine della requisitoria, aveva chiesto l’assoluzione.
Lo spaccio in carcere è però tutta un’altra cosa. La polizia penitenziaria - al comando di Rossella Panaro - da mesi è impegnata a contrastare il fenomeno. Perché esiste, in via per Cassano - che è diretto da Maria Pitaniello - come negli altri penitenziari di Italia. Anche quelli considerati d’eccellenza e pure in quelli di massima sicurezza.
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