L’ANALISI
Commercio: la crisi soffia in Ticino
La concorrenza del Luinese si fa sentire: numerose botteghe in procinto di chiudere
Spesa in Italia e le botteghe a ridosso del confine chiudono. Sempre più negozi a attività, in Ticino, a ridosso della frontiera, stanno abbassando la saracinesca o meditano di farlo a breve. Definitivamente.
Non si è ancora placata la polemica che ha visto coinvolta la presidente della Confederazione, la consigliera federale Doris Leuthard, per aver effettuato la spesa nel supermarket di Maccagno, che già si apre un altro fronte critico (in Ticino).
Si tratta appunto della chiusura di piccole ma storiche botteghe di paese a pochi passi dal valico, in terra svizzera; spugna che viene gettata a causa della spietata concorrenza con i tanti centri commerciali sul territorio del Luinese.
E il Mendrisiotto, con il Gaggiolo e Varese e dall’altra parte con il Comasco, sta conoscendo lo stesso fenomeno.
Insomma, nel Gambarogno, oltre alla normale crisi, c’è chi, come la presidente Leutahard, ogni tanto fa una scappata in Italia per riempire il frigorifero.
Da tempo i politici ticinesi vanno dicendo che nel Cantone c’è crisi, che c’è meno lavoro - i dati andrebbero però letti attentamente e da ogni punto di vista - e tenendo fede questa tesi, si cerca il risparmio dove si può.
Così capita che l’estate con il maggior numero di turisti, di chi ha le seconde case proprio sul versante ticinese del Lago Maggiore, veda una sorta di frontalierato della spesa anche per piccole cose, soprattutto per piccoli acquisti.
Considerato che anche per la cena, anche solo per una pizza, molti di quei turisti varcano la frontiera. E in Ticino rimane ben poco.
Ne sanno qualcosa le pizzerie di Maccagno, di Luino, di Laveno, che fino a quando i prezzi oltre frontiera rimarranno così alti potranno fare il pieno di coperti.
Già, ma posto che questa è l’economia di frontiera e che, a flussi inversi e su panieri diversi, c’è sempre stata, quando potrà cambiare la situazione in Svizzera?
In realtà c’è un tentativo a livello federale di fare una sorta di lotta ai cartelli, di aprirsi, basti pensare che solo nel 2015 la spesa all’estero dei soli ticinesi, che la fanno soprattutto in Italia, si è attestata poco sopra i 500 milioni di franchi.
Rimangono tuttavia ancora molto attrattivi i centri commerciali e le botteghe di frontiera per i loro orari di apertura (ben oltre le 18.30).
Difficile dire se tutto ciò cambierà in un paese che ha ancora i dazi agricoli; quello che è certo è che alcune botteghe di confine, alcuni supermercati di paese, hanno avuto il potere di mettere in ginocchio un pezzetto di economia di chi fa commercio a soli quattro chilometri di distanza.
© Riproduzione Riservata