IL VIAGGIO
Da Malta alla Corsica
Visita attraverso i cinque sensi tra i tesori della Valletta. E la vita di bordo sulla Pacifica, città mobile dove ci si dimentica quasi di essere in mare
Il mare, la luna, il vento di traverso tra due isole sorelle, Malta la maggiore, Gozo più piccola. E questo bestione di 114mila tonnellate che taglia le onde con destrezza chirurgica, facendo meno rumore di un’auto elettrica. Ponte undici della Pacifica come da quattro giorni a questa parte dopo la mezzanotte. Luogo ideale per mettere insieme le idee. Stiamo tornando. All’alba avremo la Sicilia a dritta, costa occidentale, Mazara del Vallo e dintorni, poi ci infileremo nel Tirreno per sfiorare la Sardegna e puntare sulla Corsica. Ci aspetta Ajaccio.
Dicono che un viaggio si gusta con tutti e cinque i sensi. L’olfatto prima di tutto: ogni posto ha un profumo diverso, la bravura sta nel catturarlo col fiuto. Le sensazioni raggiungono il cervello che elabora pensieri. Malta sa di armature, di elmi e di sciabole. Anche di arazzi antichi, quelli con i quali si ornavano le pareti delle chiese nelle liturgie solenni.
Poi c’è la vista. Girando per La Valletta al tramonto, le pupille incamerano pigmenti di un solo colore: il giallo. La luce accende la città come un Luna Park. I raggi obliqui del sole in ritirata illuminano le pietre arenarie dei palazzi dei Cavalieri e della Cattedrale che custodisce l’ultimo capolavoro del Caravaggio, la Decollazione di San Giovanni. E siccome le pietre sono gialle, la magia dei riflessi avvolge con questa tinta il panorama che si gode da una delle tante fortezze costruite per proteggere i due porti, uno a Nord, l’altro a Sud. Effetto ottico condiviso dalle centinaia di crocieristi che salgono sulla nave dopo l’escursione. Qualcuno lo ha fotografato. Non possiamo essere tutti visionari. E’ così.
Ha ragione la pubblicità: il Mediterraneo ha un segreto e lo tiene ben nascosto. Malta ci è vicina eppure fatica a entrare nei desideri vacanzieri degli italiani. Per molti l’isola è ancora relegata a qualche stereotipo: la lingua inglese, la guida a sinistra, i Cavalieri che sono stati una potenza mondiale. Il tempo ha appannato la leggenda, non la storia.
Parliamo dei monaci grandi guerrieri che difesero l’Europa cristiana dalle incursione ottomane. Una data: il 1565, l’anno del Grande Assedio. Ma parliamo anche di monaci grandi mecenati: fu il Gran maestro Cotoner nel XVII secolo a ordinare al calabrese Matteo Preti la ri-decorazione della cattedrale. E questi l’agghindò in maniera vistosa e ostentata, caricandola d’oro e trasformandola in un testo unico dell’arte barocca. Ovunque mirabili ricami, che però non opprimono: nella navata centrale, in quelle laterali, ciascuna dedicata alle nazioni presidiate dai Cavalieri di Malta. L’Italia, il Portogallo, la Catalogna. Il contrasto è evidente tra questo bendidio interno di ori e marmi e la facciata delle chiesa, spoglia, essenziale, neoclassica. Si può affermare che storicamente il barocco partì da qui contagiando poi tutte le contrade del continente europeo.
Che dire del Caravaggio. Quella macchia di sangue che sgorga dalla testa di San Giovanni appena recisa dal corpo, sembra la profezia della brutta fine dell’irrequieto artista. Si era rifugiato a Malta per sfuggire a una condanna: aveva ucciso un uomo. Ottenne la croce dei Cavalieri ma attaccò briga con uno di essi e si ferì in un duello. Un nuovo esilio, l’ultimo prima della morte in giovane età. Nella pozza di sangue Michelangelo Merisi ha scarabocchiato la sua firma. E’ l’unico quadro autenticato dal pittore che era ribelle e affascinante, genio e dannato. Nella Cattedrale c’è un’altra sua opera: il ritratto di un San Gerolamo vecchio, denutrito e sofferente che su un libro scrive forse le sue ultime parole.
La Decollazione: un gioco di chiari e scuri. I personaggi sono indifferenti davanti a tanta ferocia offerta ai capricci della bella Salomè che aveva chiesto la testa del Battista. Nella scena un donna si copre il viso con una mano, più per non vedere che per indignarsi. L’altra tende indifferente il piatto nel quale deporre il trofeo da portare al re e alla sua amata. Il boia è il boia. Impassibile, quasi assente, davanti a Giovanni appena sgozzato.
La gente di Malta: persone dai tratti arabi, profondamente cattoliche, gusti british. Perdersi tra gli archi, i bastioni, le scalinate, gli ascensori di La Valletta, guardare i porti naturali di Marsamxett e Gran Harbour dall’alto dei giardini Barrakka, significa prendere le misure a una città con ritmi e abitudini da antico paese.
Diario di bordo. La manager Carolina ci ha riservato un angolo sul ponte cinque per raccontare ai nostri lettori in crociera qualcosa del giornale, della sua storia, della sua metamorfosi tecnologica che non ha scalfito la tradizione di una testata fondata nel 1888. Cambiare è necessario, farlo con ragionevolezza è la sfida finora affrontata con soddisfazione editoriale. Tante domande, cento curiosità. Parliamo a gente che ci segue da anni, alcuni da generazioni. L’unica novizia è Florencia, 29 primavere, la ragazza che è salita a bordo come ospite avendo vinto il gioco della fotografia più bella postata sul nostro sito La Prealpina Mobile.
Torniamo alla Pacifica che non è una nave ma una città: bisogna scoprirla e sette giorni sono pochi. C’è una stanza che funge da biblioteca e cineteca. La frequentano i pacifici, è il caso di dirlo, quelli che rifuggono il frastuono dei musical nel grande anfiteatro e delle discoteche itineranti. Ogni sera le band si ricavano un angolo diverso da quello del giorno prima: ieri Notte Bianca sul ponte nove, il più affollato per via delle piscine e di un self-service che distribuisce pasti praticamente a ogni ora. La nave intanto va. Là fuori c’è un mare superbo. Ma nessuno sembra farci caso.
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