IL FUNERALE DI FO
«Dario e Franca di nuovo insieme»
Il figlio Jacopo fra le lacrime saluta i genitori nel giorno dell’addio al premio Nobel. Migliaia di persone in piazza del Duomo
Lacrime e sorrisi, commozione e tenerezza nel giorno dell’addio a Dario Fo, il premio Nobel per la letteratura morto a Milano giovedì 13 a 90 anni. Un addio “parziale”, perché, come ha detto il figlio Jacopo concludendo il suo discorso dal sagrato del Duomo, «non si può mica morire per davvero. E sono sicuro che adesso mio padre e mia madre ( Franca Rame, ndr) sono insieme e si fanno delle gran risate».
Migliaia di persone hanno seguito il feretro nel corteo tra il Piccolo Teatro Strehler, dove era allestita la camera ardente e la piazza della Cattedrale, migliaia di ombrelli sotto una pioggia scrosciante. Un corteo accompagnato dalla musica della “banda degli ottoni a scoppio”, tanti pugni chiusi, fazzoletti rossi ma nessuna bandiera di partito. Tanta gente comune, molti anche da Varese («Era delle nostre parti - ha detto una signora ai microfoni Rai - gli voglio bene anche per questo»), gente che lo seguiva da una vita («Ero sempre in prima fila con i miei figli quando lui e Franca provavano alla Palazzina Liberty, erano una grande famiglia, un’esperienza irripetibile» il racconto di un’altra signora in piazza Duomo), tanti personaggi dello spettacolo (da Carla Fracci a Paolo Rossi, da Lella Costa a Max Tortora) e tantissimi amministratori (i sindaci di Milano Beppe Sala, di Roma Virginia Raggi, di Torino Chiara Appendino, il ministro Maurizio Martina, Beppe Grillo con i vertici del Movimento Cinque Stelle), tutti hanno vissuto una mattinata surreale, dove si piange una morte e contemporaneamente si celebra una vita da consacrare alla gioia.
Concluso il corteo, la bara è stata portata sotto un grande gazebo sul sagrato, dove Carlo Petrini, il fondatore di Slowfood e compagno di tante battaglie, ha tenuto (seguendo le disposizioni del defunto) il primo intervento al microfono: «Dario ha voluto curare quest’ultima regia. Ed io mi trovo costretto a recitare questa parte. Sono vittima di un bello scherzo da prete» ha esordito “Carlin”. Che poi ha affrontato un tema fondamentale: «Chi in questi giorni ha voluto scindere l’opera dell’artista dal suo impegno politico commette un grave errore. È impossibile dividere i due aspetti. Basta ricordare che, nel 1997, quando fu insignito del Nobel, la motivazione diceva “rinnovando la tradizione dei giullari medievali, dileggia i potenti per restituire dignità agli oppressi”. Era un premio impregnato di grande politicità. Noi questa simbiosi stretta tra arte e impegno politico dobbiamo riaffermarla con forza». «Dobbiamo essere felici di avere conosciuto Dario e Franca. Sempre allegri bisogna stare - la conclusione parafrasando un testo di Fo - perché il troppo piangere fa male ai nostri amici»
«Mio padre e mia madre sono sempre stati dalla parte degli ultimi. Quello che mettevano in scena era la loro vita, non erano solo attori, ma persone reali, quello che dicevano sul palco era il loro vero modo di essere. Mi diceva sempre “nella vita fai quello che vuoi, camperai di più”. Lui e mia madre sono andati avanti a perseguire i propri desideri e le proprie inclinazioni nonostante tutto il male subito, ma chi gli ha dato contro ha perso. Mio padre ha avuto una vita meravigliosa, ha ricevuto e dato tanto amore».
Poi la conclusione, quando le lacrime hanno rischiato di prendere il soppravvento: «Noi siamo comunisti, siamo atei ma anche un po’ animisti. Io sono convinto che adesso in qualche modo Dario e Franca siano insieme e si stiano divertendo insieme, perché non è credibile che uno muoia davvero». Poi il pianto, l’applauso scrosciante della piazza e la banda che intona “Bella Ciao”. Dopo la conclusione del rito laico, il corpo di Dario Fo è stato trasportato al Famedio del Cimitero Monumentale, dove riposano anche la sua Franca ed Enzo Jannacci.
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