LA BRAVATA
Dispetto agli Angeli Urbani
Calcio sfonda la porta d'ingresso del ricovero dei senzatetto: due denunce
Un calcio alla porta e un vetro infranto. Un dispetto, una bravata per svegliare, alle due di notte, qualche amico addormentato allo Chalet Martinelli di piazzale Trieste. O per ricordare a facce più o meno note assonnate e a destini analoghi addormentati, che tra i senzatetto di Varese c'è chi comanda. C'è chi ha il diritto di tenere svegli tutti quanti.
Benvenuti nel lato oscuro della notte varesina, quello di chi non ha un letto proprio sul quale sognare, quello di chi i sogni li declina in speranza per il giorno dopo e quello di chi non sogna, non dorme e se può scarica la propria rabbia di reietto addosso agli altri. Per gioco. O per dispetto, appunto. Così, verso le due di domenica mattina, un botto sveglia la quindicina di ospiti del ricovero per senzatetto allestito nella sede degli Angeli Urbani.
I quattro sorveglianti, tutti volontari, si svegliano di soprassalto, filano all'ingresso temendo incursioni di vandali e si ritrovano la porta d'ingresso danneggiata: vetro scheggiato.
Danno da poco per chi ha la guancia appoggiata sul lato muschioso della città giardino ma coi tempi che corrono un fastidio in più per chi fa la guerra all'emergenza quotidiana.
I guardiani aprono la porta e in lontananza notano due persone, ormai lontane. Uno dei due ciondola: lo tiene per mano una lattina di birra. Entrambi sono tipi conosciuti: sono italiani, che pensavate?
«Ospitiamo anche italiani in difficoltà - abbozza Walter Piazza, che degli Angeli Urbani è il presidente -. Come so che quei due sono connazionali? Abbiamo installato un sistema di videosorveglianza. Le immagini sono chiare, inequivocabili. Le abbiamo passate alla Questura con la denuncia per danneggiamento. No, non prenderemo un centesimo ma se non altro segnaliamo una situazione che sta diventando insostenibile. E non alludo certo al calcio a una porta scagliato da chi voleva magari solo fare un dispetto. Non credo sia cattiva gente ma persone così cominciano a essere tante. Ci sono tanti che si riempiono la bocca di solidarietà. Va' un po' a vedere se da questa bella gente qui arriva una coperta quando fa freddo».
Chi pensa che i disperati siano tutti uguali deve però sapere che pochi minuti prima, nella stazione delle Ferrovie dello Stato, un clochard che stava dormendo, ha passato i suoi cinque minuti di spavento. Colpa dei due buontemponi di cui sopra: «Svegliati, dacci la coperta...».
Il clochard non ha ceduto: tira e molla fra ghigni di scherno, qualche invito a quel paese ben sapendo che i treni a quell'ora non partono, coperta riconquistata come un diritto a forma di vita e buonanotte. Si fa per dire.
Un dispetto, un altro. Così, tanto per tenere sveglio chi dorme. Per condividere un pezzetto del lato scuro della notte con chi non si conosce, che poi è come far dispetto a tutti quanti. Per far passare un tempo scandito a sorsi di birra. Per buttarsi alle spalle il sonno che rincretinisce cercando pretesti. Per dire alla città che ha un letto proprio, che non basta dormire per sognare, che non basta sognare per essere felici. E che ogni sogno può spezzarsi per colpa d'un calcio improvviso contro una porta. Un calcio che arriva dritto, inesorabile, dal lato scuro della notte.
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