Siria
Erdogan vuole inviare truppe in Siria, ma esercito frena
Dietro i progetti anti-isis, la preoccupazione per successi curdi
Roma, 30 giu. (askanews) - La Turchia valuta un intervento in Siria, ufficialmente "per proteggere il proprio confine" dall'Isis, e starebbe prendendo piede un piano per bombardare l'Isis dal territorio turco, rinviando la decisione su un eventuale invio di truppe oltre la frontiera a un voto del nuovo parlamento, impegnato ancora nell'elezione di un suo presidente.
Questo scenario emerge da indiscrezioni mediatiche, all'indomani di una importante riunione del Consiglio nazionale di sicurezza (Mgk) alla presenza del presidente Recep Tayyip Erdogan, del suo primo ministro Ahmet Davutoglu, dei ministri incaricati di questioni di sicurezza e dello stato maggiore dell'esercito. Una riunione da cui è trapelata l'idea di un intervento armato turco, che trasformerebbe de facto il conflitto siriano in una guerra quantomeno regionale, alle porte dell'Europa.
L'obiettivo messo sul piatto da Erdogan è la creazione di una zona cuscinetto per i profughi dalla Siria. Ma è lo stesso presidente turco ad aver messo in chiaro la propria crescente preoccupazione per i successi militari dei curdi: prima liberazione di Kobane, poi di Tal Abyad, anche se proprio oggi in parte riconquistata dai jihadisti. Tanto da mettere in guardia le Cancellerie occidentali, Usa in primis, dalla tentazione di dare un ufficioso appoggio alle aspirazioni curde di creare uno Stato autonomo tra Turchia, Siria e Iraq.
Secondo il quotidiano Hurriyet, tuttavia, le Forze armate turche (TSK) "non vedono di buon occhio l'invio di truppe in Siria in un futuro prossimo, a meno che le sue unità non vengano direttamente attaccate". Quindi sarebbero i militari a frenare rispetto a un governo invece favorevole al dispiegamento oltre il confine turco di un consistente contingente - si parla di 20mila uomini - in supporto al Libero Esercito Siriano, il principale gruppo di opposizione che combatte contro il regime di Assad. L'idea degli alti gradi turchi è invece di bombardare le linee dello Stato islamico più vicine alla frontiera turca e offrire aiuto logistico, se necessario, al FSA solo dopo la formazione di un nuovo governo ad Ankara.
La questione è delicatissima e complicata per le autorità turche. Erdogan è tra i più strenui sostenitori di un intervento armato internazionale in Siria, per spodestare Assad. Ankara è accusata di chiudere un occhio di fronte ai movimenti dei jihadisti dell'Isis, che entrano dalla Turchia in Siria, e secondo alcuni media turchi ha addirittura dato una mano agli uomini del Califfo nero, assicurando rifornimenti di armi. Tutte critiche respinte, ma certamente la Turchia ha preferito restare a guardare durante i mesi del drammatico assedio a Kobane - la cittadina siriana a maggioranza curda che si trova a due passi dal confine - suscitando la perplessità di gran parte della ra Comunità internazionale. E da quando le milizie curde hanno cacciato - a metà giugno - le milizie jihadiste dalla città di frontiera siriana di Tal Abyad, i vertici islamico-conservatori turchi hanno manifestato a più riprese timori sulla progressione delle forze curde lungo la loro frontiera con la Siria.
Il capo dello Stato ha ribadito che "non consentirà mai l'istituzione di un nuovo Stato" nel Nord della Siria, alludendo a una regione autonoma curda della Siria in grado di ispirare i circa quindici milioni di curdi di Turchia. Tutti elementi che allungano un'ombra sui piani di intervento turco al confine siriano.
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