RETROSCENA
Guenzani ha perso, ecco perché
Gli errori dell’ex sindaco e del Partito democratico analizzati dall’ex consigliere Terreni, che aveva previsto la sconfitta
In una mail confidenziale al figlio Marco, l’ormai ex consigliere comunale (quindici anni di onorata carriera) Dario Terreni spiegava in estrema sintesi ciò che sarebbe successo alle elezioni dello scorso mese di giugno, quando si contrapposero il centrosinistra al governo capeggiato da Edoardo Guenzani e il centrodestra in odore di ribaltone condotto dal giovane Andrea Cassani: «Siamo stati bravi, siamo stati onesti, abbiamo ridotto l’indebitamento, abbiamo messo a posto i conti ma in definitiva al ciaperem in dal cu». In una frase sono riassunti cinque anni di politica. Terreni non ha mai smesso di stare in mezzo alla strada, di ascoltare quello che gli dicevano i gallaratesi, di organizzare iniziative per tastare il polso a un elettorato che sentiva sempre più distante. Per lui sono stati cinque anni d’impegno ma anche di sofferenza. Non è bello vestire i panni della Cassandra, di colui che predice le sciagure - in questo caso la sconfitta elettorale - ma lui l’ha fatto per un motivo molto semplice: sperava in una correzione di rotta che né il sindaco Edoardo Guenzani, né il Partito democratico hanno voluto mettere in atto. Ecco perché le sue mail inviate ai responsabili politici, agli amici e ai familiari diventano l’atto d’accusa più impietoso per un centrosinistra partito un po’ troppo baldanzoso in campagna elettorale ma costretto alla resa al primo turno, quando il solco scavato da Cassani nei confronti di Guenzani era già di dodici punti percentuale.
Sul banco degli imputati, dunque, finisce l’ex primo cittadino, impermeabile ad ogni consiglio e pronto a buttarsi in campo anima e corpo quando ormai era troppo tardi, negli ultimi quindici giorni. Non aveva voglia di candidarsi? E’ rimasto vittima di quell’intellettualismo radical chic che l’ha fatto sembrare troppo antipatico alla gente comune? Non ha saputo comunicare così come la moderna società mediatica chiede? Probabilmente le cause sono diverse ma non sono ancora le più importanti per comprendere la debacle di una coalizione che poteva anche perdere ma non prendendo già al primo turno un distacco che la metteva di fatto fuori gioco.
Diventa così fondamentale il non-ruolo avuto dal Partito democratico. Terreni ha provato nei mesi caldi pre-elettorali ma pure in quelli più delicati del post-voto 2011 a far capire ai suoi compagni di partito che bisognava impostare una politica corretta nella gestione dei conti ma pure attenta al consenso. Nessuno lo ha ascoltato. Anche dopo il primo turno c’è chi è andato ripetendo che il risultato di Partito democratico e Città è Vita era ottimo perché le due forze avevano incrementato il loro dato percentuale. Ma è sulla cifra assoluta che il centrosinistra ha segnato il passo, dimostrando di aver perso voti rispetto al 2011. Ed è in questa piaga che Terreni ha infilato il coltello non per fare del male ai suoi compagni di viaggio, ma per far capire dove si stava sbagliando. Inascoltato, naturalmente.
Per questo ora non restituisce la tessera di partito ma rimane defilato. Per lui che mangia pane e politica da sempre è un supplizio. Ma, come si dice in questi casi, il dado è tratto: «Rinuncio a una partecipazione diretta nelle attività dei gruppi di lavoro, onde evitare di condizionare negativamente il dibattito interno e lasciando liberi i nuovi consiglieri comunali di prendere le decisioni a difesa delle scelte precedenti su questioni sulle quali personalmente ho sempre avuto una posizione critica, pur avendo sempre votato a favore per una opportunità di natura partitica. Confermo comunque la mia disponibilità ad essere convocato per qualsiasi necessità di approfondimento e confronto sulle questioni da me gestite ed in particolare in riferimento alle commissioni consiliari Bilancio/Partecipate, Attività produttive/Commercio e Comitato Malpensa».
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