L’ANALISI
Il tessile varesino resta traino del Made in Italy
Maragna (Cgil): «Resiste chi ha saputo innovarsi»
Il tessile varesino è un intreccio variegato pieno di tradizione, know-how, colori, luci e qualche ombra. Ha saputo resistere ai grandi strappi del passato e alle fiammate energetiche più recenti, ma ora sopravvivono le aziende che sanno innovarsi guardando ad ambiente e tecnologia, senza pretendere il guadagno immediato. Nei giorni in cui a Milano sfila la moda maschile, lo ribadisce il segretario generale provinciale di Filctem Cgil Varese, Davide Maragna. «Il mondo tessile varesino è davvero eterogeneo, se pensiamo alla forbice che va dalla produzione del tessuto vero e proprio all’Alta moda, cosa che comporta grandi differenze, sia nell’approccio al mercato italiano ed estero sia nelle produzioni - dice il sindacalista, eletto al vertice della branca che si occupa anche di chimica-energia-manifatturiero-vetro nel dicembre del 2022 ma legato al territorio dal 2019 -. Soffre di più chi produce il tessuto “vecchio stile” e infatti assistiamo alla chiusura di diversi nomi, come nel fallimento della Leggiuno. Resistono realtà storiche come la Mascioni di Cuvio, che si è specializzata anche in un campo particolare come i tessuti militari, per cui comunque c’è forte concorrenza straniera. Vanno molto bene i marchi dell’alta moda come Missoni o Dolce&Gabbana, anche grazie a margini molto diversi dalla realizzazione alla vendita».
Uno dei segreti è la tecnologia anche nelle fasi di produzione: «Un esempio positivo è la Eurojersey di Caronno Pertusella, punto di riferimento nell’abbigliamento sportivo che ha investito in sostenibilità con il fotovoltaico e brevetti depositati - prosegue Davide Maragna -: ora si stanno raccogliendo i frutti di questa lungimiranza, in un mondo delicato e altamente energivoro, che deve puntare ad abbassare i consumi e gli sprechi di acqua o gas. Del resto l’unica strada che riesce a far respirare le aziende è proprio mantenere la qualità. Sono lontani i tempi dei tessuti tossici e dannosi, c’è maggior sensibilità e l’Italia ha molto da dire sulla linea della qualità unita a prezzi concorrenziali».
Lo spauracchio è spesso rappresentato dalla vendita di abbigliamento online, con colossi in espansione come “Shein” che rappresentano una concorrenza simile agli outlet per i piccoli negozi di vicinato. «Dama-Paul&Shark di Varese rappresenta un modello vincente perché ha saputo rispondere potenziando la presenza sul web, acquisendo una fetta importante - prosegue l’analisi -. Citiamo esempi di aziende lungimiranti, che restano però la minoranza».
In questa galassia così diversa, anche i dipendenti hanno competenze ampie, con andamenti più o meno incoraggianti: «Una parte delle aziende continua a ricorrere alla cassa integrazione, anche per affrontare l’aumento dei costi - ammette il segretario provinciale Filctem -. L’anno scorso molti hanno strutturato settimane di 4 giorni lavorativi, con uno di stop degli impianti e il fermo della forza lavoro. Una possibilità che resterà nel 2024 anche in forma cautelativa, in caso di portafogli ordini che non diano tranquillità. I costi energetici si sono sì abbassati, ma non tornando ai livelli pre-Covid o pre-guerra. Nemmeno nell’anno appena iniziato vedremo una situazione stabile».
I grandi marchi, come detto, possono invece brindare per la risalita dell’abbigliamento dopo il successo del settore “bianco” (tessuti da casa) durante la pandemia per le poche uscite delle persone. «Ora il settore moda è ritornato in auge - dice Davide Maragna -. A livello nazionale saremo impegnati nel rinnovo dei contratti per recuperare anche la forza dei salari dopo l’erosione dell’inflazione».
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