SERIE D
In fuga con la fame addosso
La legge della Pro Patria capolista: «Mai sazi»
La pancia piena? Potrebbe essere un accattivante marchio della ristorazione perché qui, dove abita la capolista, hanno una fame da tigri.
Il primo tentativo di salutare la compagnia sembra normalità tanto è basso il profilo e tanta è l’attenzione sul difetto da correggere. Questa è, se vi pare, la Pro Patria che guarda tutti dall’alto avendo scavato un piccolo solco (tre punti) fra sé e la concorrenza. Merito suo e colpa degli altri che, per varie ragioni, frenano o si fanno male fra loro. Ma questo poco importa, perché il patto dentro lo spogliatoio biancoblù è noto: qui per vincere e non per chiacchierare. Vale per tutti, ma proprio per tutti, e dalla foto di gruppo facciamo un circoletto sulla faccia dell’allenatore Ivan Javorcic al termine del derby con la Bustese. Faccia tirata come se avesse giocato lui. Una montagna di energie consumata per “svegliare” una squadra che, dopo un primo tempo sontuoso, ha rischiato di rimettere in gioco un’avversaria “tosta” ma oggettivamente con meno qualità. Ecco uno dei difetti da correggere, ecco uno dei motivi per cui chi apre la bocca esprime questo concetto: abbiamo margini di miglioramento. Lo ribadisce, a bocce ferme, il d.s. Sandro Turotti: «Premesso che la squadra ha fatto un’ottima partita e che questi ragazzi vanno elogiati senza condizioni, l’obiettivo di migliorarci quotidianamente è un segno di grande maturità. È un campionato difficilissimo e che non permette distrazioni».
Però il ruolino di marcia, fin qui, è impressionante con 9 vittorie, 4 pareggi e nessuna sconfitta, 22 gol fatti e 8 subiti. Vien da dire: quanto può migliorare una squadra che vince pur senza tutta la rosa disponibile? Dove e come può aumentare la capacità di conquistare successi? Il perfezionista Javorcic ha un cesto pieno di bigliettini sui quali ci sono varie opzioni. Una è palese e cioè la gestione, in certi momenti, della partita. È successo anche nel derby dei due Busto con gli ospiti quasi alle corde e per poco rianimati da alcune leggerezze. O forse da un pregio che in certi frangenti è un limite. Cioè la volontà di cercare la manovra anche quando una pedata al pallone non è la fine del mondo. Dettagli, ci mancherebbe, sulla scia di quanto pretendono gli stessi giocatori, ossia cancellare il maggior numero di imperfezioni.
Messa così potrebbero sembrare i cronisti ad avere la pancia piena e quindi disattenti ai segnali che provengono dal campo. E il campo dice che correre rischi inutili non ha senso, immaginando le doti dei singoli e, per gran parte del match, la qualità del gioco. Quando il direttore d’orchestra è amato anche i solisti difficilmente steccano pur se a un violinista fanno suonare l’arpa. Per dire degli schemi di gioco ai quali tutti s’adattano. Javorcic, pur pragmatico, vuole fare di testa sua insegnando calcio nel senso lato del termine. Così Colombo, un classico centrocampista, fa bella figura in un trio d’attacco, Pedone fa il trequartista o l’esterno e Pettarin fa il pendolo davanti alla difesa o dieci metri più in su. Poi, si diceva, ci sono le prestazioni dei singoli e quella di Gucci, domenica scorsa, è stata determinante.
Ora tutti concentrati su Crema, sponda Pergo, campo ostico e trasferta dura. Da valutare Gazo ma il “soggetto particolare”, come è stato bonariamente definito dal mister, vuole esserci mentre Disabato e Le Noci ci saranno. Più si è, meglio è.
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