BAMBINI
Italia: è allarme povertà educativa
I bambini e i ragazzi che vivono in Sicilia e in Campania godono del poco invidiabile primato di essere i più poveri dal punto di vista educativo. Hanno, cioè, meno opportunità educative e formative che possano consentire loro di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire capacità, talenti e aspirazioni. Poco meglio stanno i loro coetanei calabresi e pugliesi. All’altro capo della classifica, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia sono le regioni che offrono maggiori possibilità ai minori.
Questo il ritratto in chiaroscuro di un’Italia lontana dagli obiettivi europei, in cui le opportunità per bambini e adolescenti sono esigue, sia a scuola che fuori, e che emerge dal rapporto di Save the Children «Liberare i bambini dalla povertà educativa: a che punto siamo?» e dal relativo indice di povertà educativa regionale (Ipe), presentato a Roma in occasione del rilancio della campagna «Illuminiamo il futuro».
A livello nazionale, il rapporto sottolinea la scarsa offerta di servizi all’infanzia, la gravissima assenza del tempo pieno (non c’è nel 68% nelle primarie e nell’80% delle secondarie di primo grado) e l’insufficiente offerta di mense scolastiche. Il 59 per cento degli studenti frequenta scuole dotate di infrastrutture insufficienti a garantire l’approfondimento.
Ne risentono per primi i risultati ottenuti dai ragazzi: quasi il 20 per cento dei quindicenni non raggiunge la soglia minima di competenze in lettura e il 25 per cento in matematica, con un tasso di dispersione scolastica al 15 per cento, lontano dal 10 per cento fissato dall’Ue per il 2020.
L’analisi conferma la stretta correlazione tra povertà materiale e povertà educativa: è proprio nelle regioni con la maggiore povertà educativa che si registrano i tassi di povertà più elevati d’Italia. In Italia sono 1.045.000 i bambini che vivono in povertà assoluta e si concentrano in particolare in Calabria e Sicilia. Sono invece poco meno di due milioni quelli che vivono in povertà relativa, ma è ancora il Sud a vivere la situazione peggiore, con più di un terzo dei minori in questa condizione.
Dal rapporto emerge, inoltre, una connessione molto forte tra povertà educativa e i cosiddetti Neet, ovvero quei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano percorsi di istruzione e formazione. Come in un circolo vizioso, infatti, i bambini e gli adolescenti che nascono in zone dove maggiore è l’incidenza della povertà economica e che offrono poche opportunità di apprendimento a scuola e sul territorio, una volta diventati giovani adulti rischiano di essere esclusi, perpetuando questa condizione per le generazioni successive.
I dati regionali che emergono dall’Ipe raccontano così un Paese estremamente frammentato. Se in Italia solo il 13 per cento dei bambini tra gli 0 e i 2 anni riesce ad andare al nido, i divari regionali possono diventare baratri: sono infatti 25 punti percentuali a dividere l’Emilia Romagna (la regione del Nord con la più alta presa in carico di bambini 0-2 anni, il 27%) dalla Calabria (2%). Per il tempo pieno, le differenze tra regione e regione sono fortissime: maglia nera alla Calabria, con il 78 per cento delle classi primarie che non fanno orario pieno, ma la sorpresa arriva dalla Basilicata, la regione con il maggior numero di scuole a offrire questa opportunità; per le secondarie di primo grado, la maglia nera va al Molise (il 99% delle classi non ce l’ha), seguita dall’Emilia-Romagna (94%).
Infine, le attività extrascolastiche: teatro, concerti, musei, monumenti, attività sportiva, libri, Internet. Ben il 64 per cento dei minori nell’ultimo anno non ha svolto quattro tra le sette attività sopra elencate, il 17 per cento ne ha svolta soltanto una, l’11 per cento nessuna. Il 48 per cento dei minori tra 6 e 17 anni non ha letto neanche un libro se non quelli scolastici, il 69 per cento non ha visitato un sito archeologico e il 55 per cento un museo, il 46 per cento non ha svolto alcuna attività sportiva. Se nel Sud e nelle Isole la privazione culturale e ricreativa è più marcata, arrivando all’84 per cento della Campania, nelle regioni del Nord riguarda comunque circa la metà dei minori considerati.
© Riproduzione Riservata