Romania
La sfida di don Roberto a Bucarest: recupero e lavoro ai disabili
Al Centro Don Orione per i più piccoli si organizza "l'ora dell'amore"
Bucarest, 23 feb. (askanews) - Dare un futuro, una dignità e un'autonomia ai bambini e agli adulti disabili è una delle sfide del centro Don Orione di Bucarest. Una sfida che don Roberto Polimeni ha raccolto appena arrivato nella capitale romena otto anni fa per guidare il centro. Una sfida ancora più difficile da affrontare e cercare di vincere perché mancano una legge adatta sulla disabilità e l'assistenza ai disabili, una sensibilità della società e degli imprenditori su questa fascia della società e un atteggiamento positivo e propositivo nei confronti delle persone e dei minori disabili. Un panorama frutto ancora di un retaggio del regime comunista duro da rimuovere.
"Quando otto anni fa sono arrivato a Bucarest ho trovato il centro che aveva appena aperto il reparto per i bambini disabili. La prima sfida è stata provare a specializzare il lavoro su questa fascia: il bambino disabile deve essere recuperato e non solo trattato e mantenuto, quindi curato nel modo in cui si veste, nel modo in cui è lavato, nel modo in cui mangia, e curato con amore - ha spiegato in un incontro a Bucarest Don Polimeni ad askanews - Il problema è che il recupero del bambino disabile consta della sua autonomia, della sua capacità di autostima, della sua capacità di recupero per tirare fuori dal bambino il massimo di quello che può avere dentro". E, quotidianamente, nel centro si tiene quella che don Roberto ha ribatezzato "l'ora dell'amore", durante la quale i bambini vengono coccolati teneramente dalle assistenti "perchè loro sentono l'affetto e la presenza" e ne traggono giovamento, ha spiegato il direttore.
Quando ha aperto il centro per i bambini disabili, che soffrono di gravi disturbi mentali e fisici, gli ospiti della struttura erano otto e presto sono passati a 20, con diversi tipi e livelli di disabilità che godono di un'assistenza completa notte e giorno. "Abbiamo iniziato a lavorare sullo sviluppo delle potenzialità di questi bambini e poi abbiamo deciso di aprire anche un reparto per i giovani adulti disabili", ha spiegato il direttore aggiungendo che oggi ci sono in tutto 42 disabili, 40 sono orfani, abbandonati per strada o nelle strutture statali: figli delle cosiddette fogne di Bucarest, neonati abbandonati proprio perché disabili oppure tenuti per anni in casa senza l'assistenza adeguata e poi lasciati nelle strutture statali. Il più piccolo degli assistiti ha appena cinque anni e sorride, giocando a cucù, mentre resta accoccolato in braccio all'assistente che lo tiene in braccio. Si va dai casi più gravi, coloro che devono stare a letto e possono soltanto essere accuditi e coccolati, a coloro che mangiano e si lavano e vestono da soli. Dimensioni che hanno una potenzialità e una speranza, secondo don Polimeni.
"L'idea di base è di poter portare qualcuno degli adulti a vivere anche indipendentemente, o curato a distanza in un appartamento. Questo obiettivo poneva la dimensione lavorativa che abbiamo iniziato a strutturare dentro al centro. Insegnando ai ragazzi a lavorare, integrandoli sul posto di lavoro: in cucina, nella cura del giardino, dell'orto, della serra, della gestione dei rifiuti. La sfida più importante è quella di uscire dal centro, ma è anche la più difficile, perché non troviamo un posto di lavoro per i nostri ragazzi all'esterno".
Una realtà, quella del lavoro per i disabili, che in Romania ha anche delle tutele legali, come la norma che prevede che ogni azienda assuma un lavoratore di una categoria protetta ogni 25 dipendenti. "Una norma spesso usata in maniera distorta - ha spiegato don Roberto - con l'offerta di un lavoro fatta ai genitori del disabile, ma con l'accordo che il giovane non vada affatto a lavorare". Per le aziende che assumono disabili, infatti, esistono sgravi fiscali e altre agevolazioni. Ma il sistema genera delle distorsioni e la convinzione da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro che i disabili non possano lavorare. "A me piacerebbe che i nostri ragazzi uscissero la mattina per andare a lavorare e tornassero la sera, ma gli industriali non sono disposti a prendere i nostri ragazzi perché non c'è la mentalità e perché né noi né le strutture statali siamo ancora in grado di prepararli al mondo lavorativo. Nei centri di stato il disabile è messo lì soltanto perché non ha chance né di riabilitarsi né di vivere né di essere trattato come una persona normale".
Una dinamica che sta a poco a poco cambiando, soprattutto in alcune zone come la Transilvania dove esistono anche "gruppi, cooperative e associazioni" che si occupano del lavoro per i disabili. Esistono, però, ancora delle storture del sistema che portano a uno sfruttamento del disabile. E' il caso delle "assistenti maternali", madri o a volte solo conoscenti di un disabile che prendono un assegno statale per la sua assistenza a casa.
"La Romania è divisa in diverse Romanie e c'è da fare un cammino ancora molto lungo e di superamento delle barriere, soprattutto mentali - ha sottolineato il responsabile della struttura che ospita anche una sessantina di anziani in un reparto dedicato, altra categoria sociale abbandonata ai margini della società romena - Prima di tutto è necessario sviluppare una legge completamente diversa sulla disabilità che parta dal valore della persona e dalla sua efficienza che si può ritrovare. E poi la riforma di servizio di assistenza sociale che perda la sua dimensione di assistenzialismo per andare verso la linea del recupero e dell'integrazione. Il sistema attuale produce adulti che sono un peso. Le Ong italiane sia laiche che cattoliche fanno un lavoro enorme per sopperire a questa visione".
Una strategia, quella dello sviluppo delle potenzialità, che il centro sposa in pieno: "Avevamo 8 bambini quando sono arrivato, li abbiamo portati a 20 in poco tempo. Tutti erano lavati, vestiti e imboccati, con l'aiuto di terapisti con una mentalità nuova, in tre mesi sei bambini mangiavano da soli e in questo momento alcuni hanno tolto il pannolone o camminano da soli. Quando vediamo i nostri bambini che migliorano li vediamo anche più contenti", ha sottolineato.
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