LA PISTA
«L’Elio della Statale»
Caso Lidia Macchi: la deposizione di una test apre nuovi scenari
Non Lelio, ma un più lombardo “l’Elio”, ossia con il nome preceduto dall’articolo determinativo. Sarebbe questa la nuova pista che si sta seguendo per arrivare a stabilire l’identità del misterioso giovane che, come svelato martedì 19 dicembre in aula da Paola Bonari - amica di Lidia Macchi chiamata a testimoniare nel processo sul delitto della giovane uccisa a coltellate trent’anni fa , all’inizio degli Anni Novanta disse di aver ucciso la studentessa varesina.
Dinanzi alla Corte d’Assise chiamata a giudicare la colpevolezza o meno di Stefano Binda, Bonari ha svelato questo dettaglio, affermando che le era stato riferito da un’amica, Daniela Rotelli, nei giorni successivi all’arresto di Binda, nel 2016.
«Ho consigliato a Daniela di scrivere a un avvocato e non mi sono rivolta all’autorità giudiziaria perché non ho dato importanza alla cosa - ha affermato dinanzi alla corte presieduta da Orazio Muscato -. Quel ragazzo era un soggetto particolare».
E proprio quel ragazzo sarebbe ricordato da molti che all’epoca frequentavano l’ambiente accademico milanese, ma soltanto per il suo nome o poco più: alto un metro e 70, moro, con i capelli corti e gli occhi scuri, pare avesse sui 25 anni, era iscritto all’Università Statale di Milano a una facoltà umanistica, era un po’ strano, tanto che talvolta in aula era salito in cattedra fingendo di essere un professore, e parlava tantissimo.
Ma al momento si tratterebbe soltanto di frammenti di ricordi, che difficilmente possono portare a tracciare un vero e proprio profilo di questa persona. Anche perché, qualora la sua identità venisse davvero svelata, resta da vedere se sia ancora possibile rintracciarlo.
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