IL GRANDE ASSENTE
Longobardi, voglia di tornare
L’infortunio e la lunga attesa, il Varese che delude le aspettative: «Sento le responsabilità e guardo avanti»
Genuino come un vero uomo del Sud, scaramantico come un napoletano doc, devoto alla famiglia e legato indissolubilmente alla sua terra. In due parole, Cristian Longobardi.
Il carismatico attaccante del Varese non è ancora uscito dal tunnel infortunio, ma manca poco. Se squadra e società stanno vivendo un momento delicato, lo stesso vale per il numero 17 biancorosso, una cifra sulla schiena scelta proprio contro la sfortuna «e che non sta facendo il suo dovere», dice l’attaccante. Il motivo del 17? Eccolo spiegato: «Da buon napoletano quale sono (è nato a Pomigliano d’Arco ndr), credo nella scaramanzia. Per tutti gli altri è un numero che porta iella, per me non è così. L’ho scelto perché è anche il mio giorno di nascita. Anche se sulla carta d’identità risulta il 18 giugno, io sono nato il 17, che per i miei genitori non portava bene. Quindi è a tutti gli effetti il mio numero».
Longobardi si è infortunato all’alluce il 14 ottobre nella sfida con l’Arconatese e il 27 ottobre scorso è andato sotto i ferri all’Ospedale di Luino: «Siamo in dirittura d’arrivo – rassicura –, mi ha visitato il professor Montoli che mi ha operato, valuteremo insieme. Spero di poter rientrare in gruppo tra due settimane».
L’esperto attaccante sa bene cosa significhi stare fuori dal campo e si considera in credito con la sorte considerato il grave infortunio subito al ginocchio due stagioni fa a Parma: «Purtroppo in carriera mi è capitato spesso di finire in sala operatoria. Ho avuto tutti infortuni traumatici e questo è un grande rammarico. In carriera ho superato molti momenti negativi; pensare che tutto filerà sempre liscio è un’illusione, anche nelle migliori stagioni ci sono degli ostacoli».
Il Varese non è riuscito a decollare: «Non mi aspettavo una partenza così, perché c’erano tutte le premesse per iniziare meglio, ma oramai si può solo guardare avanti. Star fuori è molto difficile – aggiunge –, sono molto dispiaciuto di non poter dare una mano».
Longobardi sente addosso qualche responsabilità in più? «Certo. Non perché mi sento un leader ma in quanto fa parte di me. Sono verace, vivo le cose intensamente e me le prendo a cuore. È l’unico modo per fare bene. Inutile nasconderci, noi per primi non siamo contenti e ci aspettavamo di più da parte di tutti».
Inevitabile non affrontare la questione societaria: «La verità è che il calcio italiano è troppo legato ai risultati, considerati come unico mezzo per raggiungere qualsiasi scopo, invece devono essere una conseguenza della solidità, degli investimenti in strutture e nel settore giovanile. Detto questo confido nella persona di Paolo Basile che a prescindere da tutto farà scelte solo per il bene del Varese».
Pensando ad un futuro nel mondo del calcio, ma non in campo, in che ruolo si vedrebbe? «Non voglio pensarci perché sono ancora con la testa sul campo. Ho grande entusiasmo; qualche idea per il futuro c’è, ma adesso penso a tornare a giocare».
Infine parentesi mercato: «La stagione è ancora lunga, la mia volontà è rientrare in maniera ottimale senza affrettare i tempi. Non ho parlato con la società, impegnata in cose più importanti, adesso penso solo a tornare ad allenarmi».
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