IL CONCERTO
Arbore ricomincia dal lago
Il Renzo nazionale ritorna sul palco a Lugano dopo la pausa per l’operazione all’anca: «Ricordo la scorpacciata di chiocciole a Bisuschio»

«Ricomincio dalla Svizzera. Dopo lo pausa forzata, imposta dall’operazione all’anca, mi butto alle spalle la convalescenza e, alla bellezza di 81 anni torno sul palco con la straordinaria Orchestra Italiana».
Non proprio una data qualsiasi quella di sabato 14 luglio (ingresso libero) in Piazza della Riforma per Estival Jazz.
«No, anche perché in un Paese che mi ha sempre accolto molto bene e all’interno di un Festival che mette in grande il nome jazz, tra i miei amori di sempre con lo swing. Proporremo musica per tutti i gusti e tutte le età, ci divertiremo».
Lei è ambasciatore della canzone napoletana nel mondo ma arriva da Foggia, il cuore da che parte batte?
«Tanto Foggia quanto Napoli fanno parte della mia vita. La città natale è quella del liceo e dell’incontro fatale con musicisti, devo a loro quel poco che so fare con le note. In quanto a Napoli, non credo di essere l’unico in debito nei suoi confronti. In realtà mi ritengo cittadino del mondo e viaggiatore curioso».
La canzone italiana è davvero un’eccellenza?
«Alla luce dei miei studi posso dire che non ha rivali. Altri Paesi hanno espresso e continuano a esprimere cose importanti ma la canzone italiana è di una varietà inarrivabile. Ancora prima di “Nel blu dipinto di blu“, che segnò una rivoluzione; potremmo fare partire il tutto almeno da “Come pioveva”. Da Modugno a Battisti, da Celentano a Caparezza, passando, giusto per citarne alcuni, attraverso Francesco De Gregori e Jovanotti, abbiamo un patrimonio enorme, fatto di canzoni nate dal popolo come dalla borghesia, che andrebbe valorizzato e tutelato molto di più di quanto si faccia attualmente».
Il nostro migliore biglietto da visita?
«Resta “O sole mio”, la canzone, non solo italiana ma in assoluto più conosciuta al mondo. L’hanno interpretata in tanti, Elvis Presley su tutti, ma la versione, tra gli artisti internazionali, che più mi appassiona è quella di Ray Charles che ne ha fatto un brano blues».
Il luogo più bello dove ha suonato?
«Radio City Music Hall di New York, Era il 1993, posti disponibili 6400, tutti occupati, mi diedero il camerino proprio di Ray Charles, un trionfo, esperienza indimenticabile. L’elenco sarebbe lungo ma devo almeno citare il concerto a Mosca, bel colpo d’occhio la Piazza Rossa».
E il Festival di Sanremo?
«Non fu un vezzo o una partecipazione casuale. Nel 1986 proposi “Il clarinetto” come forma di resistenza, temevo che la canzone umoristica fosse a rischio estinzione. Felice che altri, Elio in primis, abbiano poi raccolto l’eredità».
Il suo ritorno in tv, “Indietro tutta 30 e lode”, la ha fatto molto rumore e molti ascolti.
«Merito dell’affetto del pubblico e di chi era al mio fianco, Nino Frassica, e Andrea Delogu, meticolosa collaboratrice, conduttrice e aggiungerei un po’ regista di quel programma. Probabilmente mi rivedrete in Rai nella prossima stagione, presto però per i dettagli».
Negli anni Settanta lei girò un Carosello a Villa Cicogna di Bisuschio.
«Uno di quelli della serie “Naturalmente se vesti Marzotto” con Gianni Boncompagni. Ricordo un posto bello e, soprattutto, mi si perdoni il peccato di gola, grandi scorpacciate di chiocciole. Uno dei miei piatti preferiti, ne sono ghiotto, fosse per me le mangerei ogni giorno».
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