IL CASO
Minacce nel web all’antiburqa Galparoli
«Te la faremo pagare».
Questo il contenuto di due messaggi minatori inviati sul telefonino dell’ex consigliere comunale ed ex assessore provinciale, Piero Galparoli.
Giallo? Sì, sui mittenti.
Non sulle motivazioni: Galparoli, nei giorni scorsi, aveva postato sulla sua pagina Facebook tre foto di donne islamiche col burqa in via Morosini, accompagnando le immagini da alcune valutazioni sull’esigenza di vietare a Varese l’abito che copre il volto.
«Ho ricevuto centinaia di commenti a favore e tanta gente che, di persona, mi ha detto di pensarla allo stesso modo. Ritengo quindi di aver interpretato un comune sentire dei varesini».
Fatta questa premessa, restano le due inquietanti eccezioni: «Sì, due minacce che mi hanno scritto con messanger e che sono sparite appena le ho lette». Possibile?
Pare di sì.
Questa è comunque la versione dell’ex consigliere comunale forzista che, nella precedente amministrazione, presentò la mozione antiburqa poi approvata a maggioranza ma mai diventata “legge locale” perché il prefetto la giudicò inammissibile.
«Non ho fatto denuncia anche perché non ho più questi due messaggi da mostrare alle forze dell’ordine. Sono convinto che si sia trattato di intimidazioni solo virtuali».
Galparoli afferma di essere riuscito appunto a leggere il testo e vedere i nomi dei mittenti in una sola circostanza.
«Nomi stranieri ma non li ricordo, non li ho ricopiati, perché non pensavo che i due messaggi poi venissero subito cancellati da chi me li aveva mandati».
L’ex forzista non intende creare allarmismi ma neppure passare per quello che vuole alimentare tensioni con la comunità islamica.
«Dopo gli attentati come quello di Nizza, credo che sostenere la necessità di un divieto per ciò che riguarda l’uso del burqa sia naturale, logico. Stiamo parlando della sicurezza. Se io vado in giro con un passamontagna, mi portano via».
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