ASCOM
Negozi, eredità complicata
Manca il ricambio generazionale, così tanti decidono di dire stop
Nessun ricambio generazionale. Più della crisi, a incidere sulle chiusure di attività commerciali è la carenza di eredi pronti ad affrontare la quotidianità di rifornimenti e vendite.
Romeo Mazzucchelli, presidente di Ascom, riflette sulle ultime chiusure di negozi storici: le macellerie Da Luciano e Castiglioni. «Purtroppo accade la stessa cosa in altri settori, non solo per le carni. Vale persino per l’abbigliamento - rivela - A un certo momento, uno deve chiudere e non ci sono figli pronti a continuare l’attività. È una luce che si spegne e dispiace, perché le macellerie a Busto non sono più numerose come un tempo. Erano una cinquantina, adesso non arriviamo a quindici».
I giovani puntano su altri mestieri?
«Il dato di fatto è quello, purtroppo non ci sono altre possibilità. Se un commerciante ha figli che hanno seguito altre strade, il negozio chiude. D’altra parte a una certa età non si sta più volentieri dietro il banco e la gente, al contempo, spesso vuole incontrare persone giovani. Se in negozio trovano il personaggio che a 80 anni è lì ancora, cominciano a preoccuparsi».
Castiglioni dice di avere avuto offerte per proseguire l’attività, ma preferisce dire stop tenendo alto il nome della sua famiglia. Che ne pensa?
«Non è facile nemmeno pensare a una cessione. Trovi chi vuole comprare l’attività, anche gli alimentari, poi però di danè ce ne son pochi e le banche non aiutano. Se non hai qualcosa da contrapporre al loro investimento, le banche non ti sostengono. Grazie al cielo, noi possiamo contare sulla cooperativa AscomFidi, che opera sul territorio provinciale, una mano la possiamo dare ma poi si deve dipendere sempre dalle banche e oggi purtroppo il loro aiuto manca. La preoccupazione si sente: c’è chi vorrebbe aprire ma non ce la fa e il buon nome di un’attività si disperde. Posso capire Castiglioni: dopo tanti anni dispiace dover compiere questa scelta, ci si lascia un pezzo di cuore quando si è aperto ogni giorno, affiancati dai propri genitori. Il dispiacere è notevole».
Dietro q ueste chiusure, in campo alimentare, non c’è anche la concorrenza dei supermercati?
«Soprattutto per quanto riguarda le carni, se hai merce di qualità e sei un professionista si riesce sempre a tenere aperto. I supermercati non fanno miracoli, certo c’è il market che ha la carne buona ma magari ha altri prodotti scadenti. Una macelleria di qualità difficilmente chiude per concorrenza, qui si tratta di uno stop deciso per non continuare il lavoro. Dopo tanti anni, è giusto riposare. Se non si trova un valido ricambio e non ci sono garanzie di continuità sugli stessi livelli, allora vale la decisione di Umberto Castiglioni: meglio tirare giù la serranda che rovinare il buon nome costruito in decenni di fatiche».
La bilancia di chiusure e aperture da che parte pende adesso?
«Al momento non abbiamo sentore di altre serrande abbassate, va un po’ meglio ma bisognerà verificare nei prossimi mesi. Ad agosto si chiude per le ferie, bisogna vedere a settembre come sarà la ripresa: è sempre un punto di domanda. Ma io penso che il negozio giusto che tratta la merce giusta continuerà a lavorare».
Sempre ottimisti?
«Come associazione cerchiamo di esserlo. I tempi sono cambiati, ma ci sono sempre occasioni per guardare avanti. Come nuove aperture al momento vediamo soltanto la Coop sul viale, accanto all’ex Borri. In piazza Garibaldi ci sono trattative in corso per gli spazi lasciati vuoti, ma non ci sono ancora le svolte sperate. Siamo in attesa».
I giovedì sera con animazione hanno fatto da traino?
«Direi che sono andati benissimo, soprattutto per i bar e le gelaterie, se sento qualcuno che si lamenta gli tiro le orecchie. Certo, per molti c’è stato solo lo sguardo alle vetrine senza acquisti, ma il bilancio globale è positivo».
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