LA REPLICA
«Nessuna concorrenza»
Ristoranti contro agriturismo: interviene Confagricoltura
«Un agriturismo non è un ristorante». Pertanto a Confagricoltura Varese appare «davvero incomprensibile» l’attacco di Fipe a un provvedimento di Regione Lombardia relativo all’ampliamento del numero di pasti somministrabile negli agriturismo della regione nei giorni festivi. Fipe ieri ha paventato una «concorrenza sleale». Ma secondo Confagricoltura «non si tratta di concorrenza perché le due tipologie di attività sono strutturalmente diverse, come è diversa l’offerta di prodotti e la clientela».
I pubblici esercizi - il cui numero secondo Google si aggirerebbe intorno ai 1.610 nella provincia - si trovano prevalentemente in centri urbani, sono potenzialmente attivi 365 giorni all’anno e non hanno limitazioni nell’acquisto di prodotti, nel numero di pasti somministrati e nell’offerta di piatti. «Diverso è per gli agriturismo, il cui numero secondo la Fipe è 30, più altrettanti in nero che evidentemente non vanno attribuiti al settore» dice Confagricoltura, spiegando che gli agriturismo, oltre ad essere soggetti al meteo e alla stagionalità, devono rispettare diversi vincoli. Ad esempio: non possono servire vini non lombardi e devono osservare una forte limitazione nella provenienza dei prodotti utilizzati (almeno il 35% di produzione aziendale e almeno l‘80% tra prodotti dell’azienda e altri obbligatoriamente acquistati da altre aziende agricole lombarde o a denominazione di origine, sempre lombarda).
«Emblematico al riguardo delle limitazioni è il numero massimo di pasti (autorizzato da Regione Lombardia in base alle effettive produzioni dell’azienda agricola) che l’agriturismo non può superare a pena di salatissime sanzioni, vincolo che giustamente i pubblici esercizi non conoscono - sottolinea Confagricoltura -. Ma soprattutto deve essere prevalente nell’organizzazione aziendale la parte agricola, cosa certificata da opportuni periodici e approfonditi controlli da parte di Regione Lombardia. Senza contare le normative igienico sanitarie e di sicurezza, perché a differenza di quanto emergerebbe dalle dichiarazioni di Fipe, non siamo nel Far West».
«Ma occorre anche spendere due parole sul senso vero dell’agriturismo: garantire una integrazione al reddito agricolo in zone difficili, mantenere gli agricoltori sul territorio con tutti gli effetti positivi di tale attività sul paesaggio e sul dissesto idrogeologico, ampliare l’offerta turistica e valorizzare il territorio anche con la conoscenza diretta delle imprese agricole e delle loro produzioni. Tutto questo naturalmente va a vantaggio dell’offerta turistica complessiva della provincia» dice Confagricoltura domandandosi «come mai sia così difficile fare sistema?».
«Ci piacerebbe che tanta energia fosse investita da Fipe per trovare sinergie col settore agricolo - dichiara Giacomo Brusa, presidente di Confagricoltura Varese - anche ad esempio collaborando sulla valorizzazione dei nostri prodotti provinciali a denominazione di origine protetta (miele, vino e formaggio)». E ancora: «Se l’agriturismo è così facile e redditizio come apparirebbe, perché chi critica non pensa di riconvertire la propria attività aprendo appunto agriturismo?». «Forse - spiega Brusa - perché aprire un’azienda agricola, dotarla di strutture produttive e manodopera, produrre alimenti vegetali e zootecnici con tutti i rischi del caso per poi, alla fine del ciclo se e quando tutto va bene, valorizzarli nel ristoro agrituristico è molto più facile a dirsi che a farsi». In altre parole il messaggio ai ristoratori è: prima di criticare provate voi a gestire stalle e pollai, e poi a servire in tavola.
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