L’INCHIESTA
«Non c’è stato soffocamento»
«Non procederemo con querele per diffamazione, ma alle loro affermazioni avventurose, se non avventate, dobbiamo ribattere affinché non venga infangato il nome della Camelot»: l’avvocato Stefano Besani è il difensore dei quattro indagati con l’accusa di omicidio colposo di un’ottantatreenne spirata al ricovero poco prima di Ferragosto.
Martedì 23 agosto, sulla vicenda della nonnina bustese ha preso la parola per cancellare ogni equivoco: «Nessun soffocamento dovuto all’ingestione di una pastiglia, semmai il decesso della degente è avvenuto a causa di una tromboembolia massiva che non si sarebbe potuta evitare né in via Sottocorno né all’ospedale, al Sant’Antonio Abate come in altre strutture».
Il legale, il presidente della 3Sg Giacomo Peroni, il medico legale Angelo Demori, il sindaco Andrea Cassani e, ancora, i vertici sanitari della casa di riposo, hanno voluto fare chiarezza sul caso che è al vaglio del pubblico ministero Maria Cristina Ria, spiegando che le condizioni in cui si trovava la pensionata prevedevano solo un epilogo: «La constatazione del decesso».
In effetti gli esiti dell’autopsia hanno subito escluso altre ipotesi se non quella della causa naturale, tanto che la Procura della Repubblica sarebbe già orientata verso un’archiviazione.
Ampio servizio sulla Prealpina di mercoledì 24 agosto.
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