SOLUZIONI
Non rassegnarsi all’incontinenza
«In Italia sono cinque milioni le persone che soffrono di incontinenza, con un costo sanitario e sociale che ammonta a circa tre miliardi di euro, tra oneri pubblici e privati. Di questi cinque, tre milioni sono donne, ma è un dato ancora sommerso».
Sono le stime diffuse da Francesco Diomede, presidente Finco, la Federazione italiana incontinenti, durante un convegno tenutosi a Palermo. «Per incidere davvero sulla qualità della vita dei pazienti e risolvere il problema all’origine - ha aggiunto Diomede - è stata depositata una proposta di legge per allestire centri di primo e secondo livello, una sorta di libro guida per il ministero e le Regioni che ancora non sanno come gestire il problema. Cateteri e pannoloni sono una sconfitta per tutti, anche perché comportano problemi di smaltimento ambientale».
Preoccupanti i dati sull’incontinenza nei bambini, possibile spia di altre patologie: «Esiste anche l’incontinenza in età scolare, il problema non riguarda solo le persone di una certa età - spiega il chirurgo Bernardo Molinelli - e le cause possono riguardare fattori fisici, psicologici, ma anche essere segnali di malattie più gravi come il diabete mellito o patologie del midollo spinale. Per questo i sintomi non vanno sottovalutati».
Al centro dell’incontro la prevenzione e l’informazione, come ha sottolineato il presidente Iemest, Bartolo Sammartino: «Dare informazioni utili per affrontare patologie invalidanti come queste - ha detto - è uno dei compiti del nostro istituto in modo da assicurare una migliore qualità della vita a tutti».
«È importante dire ai pazienti che l’incontinenza non è una condizione alla quale ci si deve rassegnare - precisa Carlo Bargiggia, chirurgo e presidente Aidop, Associazione italiana disfunzioni organi pelvici -, ma oggi sono a disposizione diverse tecniche anche mini invasive per alleviare questo problema».
La riabilitazione pelvi-perineale Non bisogna mai rassegnarsi all’incontinenza perché spesso il problema si risolve con una buona riabilitazione che rende di nuovo la persona in grado di controllare la ritenzione dell’urina. Nel caso delle donne, per esempio, si tratta di un processo che deve essere personalizzato e che consiste nel rialleneare i muscoli del perineo, la zona che si trova fra l’ano e la vagina, tramite certi esercizi che in alcuni corsi pre-parto vengono proposti e consigliati anche nel periodo del post partum.
Il 60-70% delle pazienti riscontra un miglioramento e, nel caso di incontinenza lieve, si ha quasi sempre una risoluzione totale del problema. Nei casi gravi tramite la terapia riabilitativa si può arrivare ad evitare l’intervento chirurgico. Si tratta di esercizi sia attivi che passivi che agiscono sulla muscolatura del pavimento pelvico e che vanno eseguiti coordinando postura e respiro.
Questi esercizi possono essere affiancati alla tenuta di un diario in cui la paziente registra le minzioni e l’ingestione di liquidi. In questo caso si chiama «bladder training», ginnastica della vescica. Agli esercizi possono essere affiancate tecniche strumentali che però hanno alcune controindicazioni: non possono essere praticate in gravidanza, in caso di malattie infiammatorie dell’apparato urogenitale o di neoplasie locali non trattate.
Una tecnica è il biofeedback: tramite il posizionamento di alcuni elettrodi la persona è in grado di percepire a livello visivo e/o uditivo le contrazioni muscolari del pavimento pelvico. Gli elettrodi sono posti sull’addome e sul perineo per far acquistare una conoscenza sempre maggiore del funzionamento dei muscoli pelvici e così imparare a correggere la propria incontinenza tramite la contrazione del perineo.
Esistono anche l’elettro-stimolazione e la stimolazione magnetica: la prima si serve di stimoli elettrici per fare contrarre la muscolatura del perineo, la seconda, più innovativa, usa campi magnetici per agire direttamente sulle polarità delle fasce muscolari. Le persone interessate ne possono parlare al proprio dottore e poi rivolgersi a un bravo fisioterapista.
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