IL CASO
Crac Nuova Urbanistica, i soci alla guerra
Da sei mesi Cooperativa in liquidazione coatta amministrativa. Due serate per decidere: denuncia dei dirigenti o causa civile
Causa civile o esposto penale nei confronti dei dirigenti della Cooperativa Nuova Urbanistica, da sei mesi in liquidazione coatta amministrativa? Di questo discuteranno nel corso di due serate, la prossima settimana e quella seguente, i soci prestatori della Cooperativa. Che sono in tutto circa 700 e rischiano di perdere risparmi per oltre sette milioni di euro. «Gli incontri si svolgeranno martedì 28 febbraio e martedì 7 marzo alle 21 a Varese presso il Circolo di Viale Belforte - spiega Ivan Sabot, coordinatore del Comitato Soci Prestatori Cooperativa Nuova Urbanistica, che, organizzati in questo modo, sono 161 (tutti i soci sono comunque invitati a partecipare ad entrambi gli incontri) -. Nel corso delle due serate, insieme ad alcuni legali, saranno valutate le possibili iniziative da intraprendere in quest’ultima fase della drammatica crisi della società, sfociata nel fallimento per colpa della cattiva gestione di amministratori e dirigenti». E cioè se procedere, come detto, con un esposto penale o con una causa civile per il risarcimento dei danni subìti da chi ha versato alla Cooperativa risparmi che variano dalle poche migliaia di euro a un massimo di 73.000.
«La storia di Nuova Urbanistica - spiegano ancora i soci del Comitato - è purtroppo quella di tante altre Cooperative: sette milioni e duecentomila euro di risparmi dei soci prestatori non possono essere rimborsati».
La storia della Cooperativa Nuova Urbanistica, dopo più di quarant’anni di attività, con la realizzazione di più di 3.500 immobili in tutta la provincia, è arrivata a una svolta drammatica alla fine della scorsa estate, quando c’è stata la rinuncia al concordato in continuità che avrebbe dovuto garantire la salvezza dell’attività e contemporaneamente un rimborso parziale ai risparmiatori grazie alla liquidazione di un terzo di un patrimonio immobiliare pari a 450 edifici (dopo una prima ipotesi, 10 per cento delle somme investite, si era arrivati al 20).
Ora, invece, dirigenza e management non esistono più e tutto è nelle mani del commissario liquidatore, il quale dovrebbe vendere il patrimonio immobiliare di cui si è detto e soddisfare i creditori. Solo che i soci prestatori non sono in “pole position” e rischiano di vedere ben poco rispetto a quanto avevano versato.
Di qui la decisione di aprire un altro fronte nei confronti di una dirigenza ritenuta evidentemente inadeguata e la “chiamata alle armi” dei soci su una strada che presenta subito un bivio: procedere penalmente o tentare la causa civile per il risarcimento dei danni subìti?
«In ragione della storia del movimento cooperativo - concludono i prestatori -, per i soci la perdita del prestito sociale non ha solo un significato economico ma colpisce anche la fiducia e il senso di appartenenza che essi nutrivano nei confronti della cooperativa a cui avevano aderito e a cui avevano affidato i loro risparmi. Un mondo di valori si sta dissolvendo, trascinando con sé il futuro di migliaia di piccoli risparmiatori».
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