L’INCHIESTA
Piccolomo, indagini chiuse
Omicidio Maldera: la Procura generale ha completato la ricerca di prove e indizi
E due.
Dopo la chiusura delle indagini preliminari avocate sull’assassinio di Lidia Macchi, il sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda ha fatto notificare un analogo avviso, ai sensi dell’articolo 415 bis del codice di procedura penale, ai legali di Giuseppe Piccolomo.
Sessantacinque anni, originario di Corato, in provincia di Bari, ora detenuto a Pavia, dove sta scontando una condanna definitiva all’ergastolo per il delitto delle mani mozzate di Cocquio Trevisago (la ottantaduenne pensionata Carla Molinari, ritrovata nel suo appartamento sgozzata e mutilata,ndr), Piccolomo è accusato di aver ucciso la prima moglie, Marisa Maldera, morta carbonizzata a seguito di uno “strano” incidente stradale a Caravate la sera del 20 febbraio 2003.
In base all’imputazione formulata nell’atto giudiziario, inviato due giorni fa ai difensore dell’indagato, l’avvocato varesino Stefano Bruno e la collega Emanuela Frigerio, quella sera, l’ex imbianchino e ristoratore, poco prima dell’orario di chiusura della pizzeria-ristorante di Caravate, gestito proprio assieme alla consorte, le avrebbe “somministrato” di nascosto un non meglio precisato numero di gocce di benzodiazepina, dopodiché l’avrebbe convinta a recarsi con la Volvo Polar station vagon di famiglia a Varese per bere qualcosa.
Strada facendo, però, ecco l’improvviso cambio di programma: a seguire l’assunto accusatorio della Procura Generale del capoluogo lombardo, Piccolomo avrebbe «deviato dalla sede stradale in località Caravate» e «parcheggiato il veicolo in mezzo a un campo».
Quindi, avrebbe versato nell’abitacolo una tanica di 10 litri di benzina, riempita in precedenza, per poi dare fuoco all’auto «cagionando la morte» di Marisa Maldera».
La donna, imprigionata sul sedile anteriore, lato passeggero, morì così carbonizzata «senza trovare scampo a causa dell’impossibilità di aprire la portiera anteriore destra della vettura».
Con l’avviso di chiusura delle indagini preliminari, atto che 99 volte su 100 prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, Giuseppe Piccolomo è accusato di omicidio volontario.
Un reato sul quale il sostituto pg Manfredda fa “pesare” più di una circostanza aggravante: in primis, gli si contesta di aver agito in danno del coniuge con premeditazione, con mezzo insidioso e con crudeltà verso le persone «per le modalità efferate dell’azione e le terribili sofferenze causate alla donna, arsa viva tra le fiamme»; in secondo luogo, «di aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo e di persona» in grado «di ostacolare la privata difesa, avendo agito in ora notturna, in luogo buio e isolato e dopo aver sedato la vittima con uno psicofarmaco che ne obnubilava i sensi».
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