VIA PARABIAGO
«Quella scultura è mia, toglietela»
Scoppia un caso sull’installazione alla rotonda. L’artista Sparasci vince in primo grado
Un’opera d’arte controversa e 28 mila euro di danni. È il bilancio provvisorio di un procedimento giudiziario che vede indirettamente implicato anche il comune di Casorezzo, che per la verità assiste alla vicenda più in veste di spettatore che di protagonista. Al centro è una installazione di metallo posta a lato della rotonda all’incrocio tra le vie Parabiago e Bertani, non lontano da cimitero e monumento ai caduti. Si tratta di una sfera composta da lamelle di acciaio combinate con effetto artistico, al cui centro è facilmente riconoscibile un fuso a richiamo delle produzioni tessili e degli allevamenti di bachi da seta che caratterizzavano il territorio casorezzese. A realizzarla fu la Coven, ditta presente da decenni a Casorezzo e specializzata in carpenteria metallica con taglio al laser.
La sfera venne posizionata nel 2011 su un’area di proprietà comunale. Le controindicazioni di un’operazione che non lasciava presagire nulla di strano, non si sono però fatte attendere. Qualche tempo dopo, infatti, venuto a conoscenza della cosa, lo scultore Giacomo Sparasci lamentò di esserne stato all’oscuro, rivendicando la paternità dell’opera e più precisamente ritenendo lesi i propri diritti d’autore.
A suo avviso, non solo l’opera somigliava ad altre da lui realizzate, ma sarebbe stata realizzata a partire da bozze preparatorie di opere artistiche da lui ideate e materialmente realizzate dalla ditta di carpenteria casorezzese, prima che i rapporti tra le parti si deteriorassero come lo sviluppo della vicenda sembra presupporre. Perciò, lo scultore indignato ha intentato una causa contro la Coven che ha finito per tirare in ballo anche il Comune, dal momento che il luogo su cui sorge è in suolo pubblico.
Con il primo grado di giudizio, dei 50 mila euro di danni morali richiesti dall’artista, il tribunale civile ne ha riconosciuti legittimi 18 mila, più 10 mila euro di spese legali, al cui pagamento ha ingiunto ditta e Comune, oltre a comminare la condanna alla rimozione e alla distruzione della controversa opera, con restituzione delle bozze oggetto di contestazione al suo ideatore.
A sollevare il Comune da ogni complicazione di natura economica ci ha però pensato la stessa carpenteria, che già nel 2012 precisava attraverso l’invio di una lettera protocollata in Comune di accollarsi tutte le eventuali spese legali contro l’artista. La parola finale ora ai giudici del processo di appello.
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