L’ALLENATORE
Ramella: «Bugie sul mio conto»
Il Varese, l’esonero, il rammarico. E ora il Messico

Nuova avventura. Oltreoceano. In quel Messico che aveva già masticato, da allenatore, a fine Anni Novanta (Queretaro) e nel 2005 (Pachuca). Ernestino Ramella saluta e parte. Questa volta per guidare la seconda squadra dell’America, club di spicco di Città del Messico.
Nella bocca del sessantaduenne mister originario di Zingonia, che fuori Italia ha lavorato anche in Svizzera, al Chiasso e in Albania al Flamurtari Valona, c’è però ancora un po’ di amaro.
Quello rilasciato dalla parentesi troppo breve sulla panchina del Varese: esonero malgrado i 13 punti conquistati nelle prime sei giornate di campionato.
«Ormai è andata. Se devo ripensare all’esperienza biancorossa preferisco iniziare dai ringraziamenti. E da Paolo Basile, colui che mi ha voluto, che si è comportato da persona seria nei miei confronti, e che continua a farlo».
Però l’esonero...
«Basile ha avuto pressioni negative. In realtà so che ha stima di me, sia come uomo sia come allenatore. Mi è spiaciuto non poter continuare con lui. Qualcuno gli ha fatto credere che mandandomi via si sarebbe saliti in Lega Pro. E dire che in 9 partite, fra campionato e Coppa Italia, ho conquistato 6 vittorie e 2 pareggi perdendo soltanto contro il Borgosesia, la squadra che si è poi giocata, fino all’ultimo, il primo posto con il Cuneo. Oltretutto sotto la mia gestione abbiamo battuto proprio il Cuneo, espugnando il “Paschiero” all’esordio».
Con la proprietà, insomma, non ci sono stati screzi?
«No. Anzi, ne approfitto per salutare anche l’ex presidente Ciavarrella: con me si è comportato sempre benissimo».
Scusi, mister. Ma chi le ha fatto le scarpe, allora?
«Nomi non ne faccio. Ma una cosa la voglio raccontare, con grande rammarico. Qualcuno in società non era contento di una persona e la voleva lasciare a casa. Io, questa persona, l’ho salvata due volte. Anzi, tre. Ma è la stessa che poi mi ha fatto la guerra. Preferisco fermarmi qui».
Il suo siluramento è avvenuto dopo il pareggio sul campo del Bra, che prima di allora non aveva raccolto punti.
«Vero. Ma proprio in quei momenti si era rinforzato e aveva preso le sembianze della squadra forte. Lo dimostra la rimonta che ha fatto partendo proprio da quel match. è uscito prepotentemente dalla zona a rischio, ha centrato risultati importanti, si è salvato senza patemi chiudendo a 41 punti».
C’è qualcosa, in particolare, che le ha dato fastidio?
«Mi è spiaciuto che dopo la partita persa con il Borgosesia, qualcuno era già andato in giro a cercare allenatori. Sa, ho tanti amici tra gli addetti ai lavori, le notizie arrivano... E poi, la cosa più ridicola è la voce fatta circolare sul fatto che io avessi litigato con dirigenti e giocatori e che non andavano bene i miei metodi di allenamento. Ho allenato dappertutto, dalla Serie A albanese fino al Viggiù, non ho mai avuto problemi né con i giocatori, né per i miei metodi di allenamento».
Alla fine in Lega Pro ci è andato il Cuneo: ha vinto la squadra più forte?
«Diciamo che ha vinto la squadra allenata da un tecnico esperto e pratico che ha badato più al risultato che a giocar bene».
Perché il Varese non ce l’ha fatta?
«Io sono convinto che se si fosse riusciti a dare tranquillità, il campionato sarebbe stato vinto. Purtroppo personalità e professionalità, a tutti i livelli, non si inventano dal mattino alla sera».
Facciamo un’analisi più approfondita...
«I giocatori scelti all’inizio sono quelli che, alla fine, hanno giocato di più. Calzi era l’unico regista in organico ma purtroppo ha avuto problemi fisici. Se fosse stato a posto sono sicuro che la squadra ne avrebbe tratto benefici significativi. Sia chiaro, non soltanto con Ramella ma anche con Baiano e con Bettinelli. Calzi avrebbe risolto dei problemi indipendentemente dall’allenatore».
Cosa non ha funzionato oltre a questo?
«Sono state fatte scelte sbagliate dopo la mia uscita. Io sono partito con 21 giocatori, ad un certo punto si è arrivati a 28. I costi sono quasi duplicati e i nuovi arrivi, per svariati motivi, non hanno fatto la differenza».
Ora una nuova avventura, lontano dall’Italia.
«Sì, andrò all’estero. Ho ricevuto una chiamata dal Messico, dove avevo già allenato. Guiderò la seconda squadra dell’America, a Città del Messico. Il campionato è una sorta di Serie B italiana, però con limiti di età: ci possono giocare calciatori nati dal 1991 in poi».
Com’è nata la trattativa?
«Mi ha contattato Alfredo Tena, ex nazionale messicano. Era già nello staff del Pachuca durante la stagione in cui lo allenavo io, ora è direttore tecnico all’America».
Quando parte mister?
«Subito, già martedì (domani, 5 giugno, ndr)».
In bocca al lupo.
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