TRA GORIZIA E BUSTO
Sulla tomba di Riina a maledire i parenti
Cinquantenne arrestato: da anni minacciava i fratelli incolpandoli del fallimento dell’azienda di famiglia
Perseguitava da anni i familiari a Busto Arsizio un cinquantenne che ieri, lunedì 16 ottobre, è stato arrestato dalla Polizia di Stato in provincia di Gorizia.
IL FALLIMENTO DELL’AZIENDA
Causa scatenante della decennale persecuzione fu il fallimento dell’azienda di famiglia in Friuli - Venezia Giulia e la conseguente pretesa risarcitoria avanzata da uno dei fratelli-soci nei confronti di un altro. Pretesa respinta e che, oltre a generare una vertenza civilistica, nel 2015 scatenò uno scontro fisico concluso con l’arresto per rissa, minacce e resistenza a pubblico ufficiale dei tre fratellii e, successivamente, al divieto imposto dal gip di Gorizia al cinquantenne di avvicinarsi agli altri due. Uno di questi ultimi, per sottrarsi alle attenzioni del congiunto stalker, giunse a trasferirsi con la famiglia a Busto Arsizio, cercando invano di tenere segreto il nuovo domicilio.
LA “PERSECUZIONE”
Scaduto il termine della misura cautelare, l’uomo riprese a perseguitare i familiari con minacce, molestie e atti vandalici che, almeno dal 2018 e fino a pochi giorni fa, hanno bersagliato il fratello domiciliato a Busto ma anche sua moglie e i loro bambini, i genitori, il fratello e la suocera in Sicilia, il cognato nel milanese, tutti “rei” di aver cercato di mediare.
L’uomo si appostava sotto casa, scriveva bigliettini lasciati nella cassetta delle lettere, missive diffamatorie inviate anche ai vicini di casa e al datore di lavoro della vittima nei quali questo era definito “mafioso, estorsore e pedofilo”, video e messaggi con la minaccia di uccidere e “fare a pezzi” i parenti nelle varie regioni, atti vandalici sulle auto della vittima seguita addirittura in un viaggio all’estero, filmati postati sul profilo del persecutore che lo mostravano sulle tombe di Totò Riina e Bernardo Provenzano mentre invocava l’intervento dei noti mafiosi contro i parenti.
Tutto ciò ha naturalmente avuto forti ripercussioni psicologiche delle vittime designate e ha indotto la Procura a chiedere l’adozione della custodia cautelare in carcere, emessa ed eseguita con la collaborazione della Questura di Gorizia che ha rintracciato l’indagato nella sua abitazione, lo ha arrestato e condotto in carcere.
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