Giappone-Italia
Trovati i resti di padre Sidotti, entrò in Giappone vestito da samurai
Il missionario fu catturato e imprigionato, morì nel 1714
Roma, 9 giu. (askanews) - Tentò di penetrare nell'ostile Giappone travestito da samurai per diffondere il messaggio cristiano, ma fu catturato e morì in prigione non senza aver lasciato un messaggio importante ancora oggi riconosciuto dal paese che lo perseguitò e lo rispettò. Oggi il nome di Giovanni Battista Sidotti, missionario italiano del XVIII secolo, torna a far notizia, perché è stato confermato il ritrovamento dei suoi resti a tre secoli dalla morte.
Era il 2014 quando, mentre si scavavano le fondamenta dell'ennesimo palazzo di Tokyo, gli operai di una società di costruzioni trovarono delle ossa umane. Queste furono portate al Museo nazionale delle Scienze della capitale nipponica, ripulite ben bene e sottoposte a tutti i test del caso, a partire da quello del Dna. E, ora, l'esito è chiaro: alcune di queste al religioso italiano.
Si sapeva che sul quel terreno in epoca Tokugawa (1603-1868) sorgeva un carcere conosciuto come "Kirishitan Yashiki" (la "residenza dei cristiani"). Era una prigione sinistra, dove era solitamente praticata la tortura, per dissuadere i missionari di quel culto straniero, il cristianesimo, a minacciare l'identità nipponica e soprattutto la fedeltà agli Shogun allora al potere. Si trattava della politica del "sakoku", cioè del "paese chiuso", che terminerà solo con un atto di prevaricazione statunitense, nel 1854.
Il cristianesimo era arrivato in Giappone nel 1549 con la prima ondata missionaria gesuita guidata da San Francesco Saverio e da Alessandro Valignano ed era stato adottato da alcuni dei signori feudali - "daimyo" - con entusiasmo. Con l'arrivo al potere del clan Tokugawa attorno all'anno 1600, tuttavia, cominciarono dure persecuzioni.
Nel 1708, inviato da papa Clemente XI, Sidotti sbarcò travestito nell'isola di Yakushima. Ma, se le vesti potevano apparire quelle di un samurai, l'aspetto era chiaramente quello di uno straniero: fu arrestato e condotto a Edo - l'odierna Tokyo - e lì fu interrogato dal grande studioso Arai Hakuseki, che ne rimase affascinato e cercò di evitare che fosse sottoposto alla tortura al fine di farne rinnegare la fede. Gli sforzi di Arai Hakuseki furono d'aiuto a Sidotti, che fu imprigionato nella Kirishitan Yashiki ma - secondo testimonianze - esentato dai trattamenti più umilianti. Morì nel 1714 a 47 anni.
Le analisi sui resti scoperti a Tokyo hanno permesso di risalire l'identità a partire, in particolare, da un dente. Kenichi Shimoda, il capo antropologo del museo, ha spiegato che la ricerca sul DNA ha concluso che il dente apparteneva a un italiano. Nella Kirishitan Yashiki transitarono due missionari italiani: Sidotti e Giuseppe Chiara, il sacerdote che ispirò il romanzo di Shusaku Endo "Chinmoku - Silenzio" dal quale Martin Scorsese ha tratto il film che sta girando. Chiara fu cremato, quindi i resti non possono che essere quelli di Sidotti.
Il corpo, ha spiegato il professore d'archeologia Akio Tanigawa dell'università Wasesa di Tokyo, riposava "alla cristiana", in una bara "lussuosa". All'epoca "non si seppellivano i corpi umani a quella maniera", ha precisato lo studioso.
Le conversazioni di Sidotti con Arai Hakuseki ebbero un'importanza fondamentale per un Giappne che cominciava a guardare fuori dall'Arcipelago. "Il sapere condiviso da Sidotti - ha spiegato Tanigawa - ha sicuramente influenzato il modo in cui il giappone vedeva il mondo".
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