IL DIBATTITO
Varese, Bonetti (Amnesty): «Guai ai miti senza preparazione»
Condizione femminile tra Oriente e Occidente: dibattito e mostra nella Sala Veratti
«L’arte e la mitologia classica, che fanno parte della nostra cultura, sono intrise di vicende in cui la violenza è presente. Basti pensare a miti come quello di Apollo e Dafne. La storia dell’arte o il Canto V dell’Inferno, in cui è presente la vicenda di Paolo e Francesca, non si possono consegnare ai ragazzi senza una preparazione critica».
Parole di Alba Bonetti, presidente di Amnesty Italia che oggi pomeriggio, sabato 13 gennaio, alle 17, sarà presente al dibattito che inaugura la mostra Donna, Vita e Libertà-Iran e condizione femminile tra Oriente e Occidente.
Il dibattito, voluto dalla Conferenza delle donne democratiche della provincia di Varese, col patrocinio di Palazzo Estense, sarà moderato da Emanuela Dyrmishy, analista in Geopolitica e Intelligence e specialista in relazioni transculturali, migrazioni e terrorismo, la quale ha curato il progetto, e coinvolgerà, oltre a Bonetti, Rossella Dimaggio, assessora ai Servizi educativi del Comune di Varese e Helin Yildiz, consigliera comunale di Varese.
Due gli artisti iraniani che esporranno opere fotografiche e di scultura: Reza Khatir, fotoreporter pluripremiato e Paria Shahrabi, scultrice e già direttrice artistica di importanti musei iraniani.
Perché questa mostra è importante?
«Le donne iraniane - così Dyrmishi - sono un grande esempio anche per noi in questo momento storico e sono spunto per riflettere sulla donna anche in occidente. Abbiamo scelto di intitolarla Donna, Vita, libertà come il movimento e per onorare la morte di Mahsa Amini, avvenuta con le proteste del 2022. La scelta è caduta su due artisti iraniani che condividono non solo la lotta per la libertà e la ribellione ma anche la delusione di tante rivoluzioni che non sono riuscite nel loro intento».
Come avverrà il percorso?
«È una mostra adatta anche alle scuole e ci sarà sempre qualcuno che guiderà nella visita. Le opere sono state scelte per raccontare l’Iran, seguendo un filone psicologico e mostrando la forza geografica connessa alle donne».
Che importanza assume oggi l’arte nella difesa dei diritti umani?
«L’arte è un mezzo importante e efficace - così Bonetti - per sostenere la rivoluzione ma per noi che trattiamo di questi argomenti, difficili da comunicare, diventa un canale di comunicazione fondamentale: aiuta a sviluppare empatia con chi è privato dei propri diritti e si ribella a un regime totalitario. Raccontare di stupri o violenza può essere difficile: un conto è stendere un report, un conto è trovare un modo per narrarlo alle persone, in modo universale. L’arte aiuta a far scattare l’indignazione. Finché non ci indigniamo, non riusciamo a cambiare niente».
L’Italia è abbastanza indignata ?
«Non mi sembra che si sia radicata una capacità d’indignarsi in maniera continuativa. Né sul dramma iraniano, né su altri. Nemmeno in casa nostra: abbiamo il problema dei femminicidi che continua e non vediamo sollevazioni o ondate emotive. Noi però non smettiamo il nostro impegno».
Che dovrebbe cambiare a livello educativo?
«In prima istanza chiediamo la completa applicazione della Convenzione di Istanbul, quadro giuridico volto a proteggere le donne da ogni forma di violenza. L’Italia l’ha ratificata ma non l’ha ancora applicata in toto».
Che cosa si può migliorare?
«Se non educhiamo bambini e bambine e non inseriamo nei percorsi di formazione delle attività che educhino al rispetto dell’altro e del genere, non smonteremo gli stereotipi».
La mostra potrà essere visitata fino all’11 febbraio, lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18, martedì, sabato e domenica dalle 15 alle 18 e giovedì dalle 15.
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