L’INTERVISTA
«Vengo a prendere il caffè da voi»
Ricordi e non solo: venerdì 8 luglio Lando Buzzanca a Varese 45 anni dopo “Homo Eroticus”
«Sono passati 45 anni ma di Varese ricordo bene due cose: la brillantezza di Piero Chiara e la bellezza dei vostri Caffè. Una cosa che mi colpì molto e non è che io fossi proprio alla mia prima volta in una città del Nord».
Così Lando Buzzanca sui suoi giorni nella Città Giardino, correva l’anno 1971, mese di aprile, per girare Homo Eroticus, pellicola che, con lui presente, verrà riproposta venerdì 8 luglio, dalle ore 20.30, ingresso libero, alla Tensostruttura dei Giardini Estensi, evento di Gustando il Cinema 2.
Homo Eroticus incassò due miliardi e 167 milioni di lire, un successo straordinario. Alcuni la ritengono la sua autentica consacrazione.
«Numeri impressionanti. Certo fu importante nella mia carriera, fece letteralmente il giro del mondo e nell’arco di un anno uscirono altri nove film».
Cosa conquistò il pubblico?
«Le belle donne certo, il valore aggiunto del personaggio ispirato al Colleoni che molti, bontà loro, attribuirono anche a me. E, soprattutto, la storia. Il mio Michele Cannaritta è un poveraccio che dalla Sicilia arriva in una città di provincia del Nord. Pensa che l’essere superdotato possa garantirgli la promozione sociale. Per un po’ la cosa funziona, poi però il giocattolo si rompe perché - è la morale del film che coglie anche i cambiamenti in atto nella società - le donne vogliano accanto uomini intelligenti, dotati sì ma di cervello».
Il personaggio di Homo Eroticus è andato oltre lo schermo grazie a due fumetti che lei non ha particolarmente amato.
«All’inizio la cosa mi aveva divertito. Un giorno però mentre ero in coda in auto, un ragazzino si era avvicinato e aveva gridato agli amici: Correte, c’è il montatore, titolo di uno di questi fumetti. Troppo anche per me. Feci causa; soldi buttati perché il mio avvocato dopo avermi chiesto la bellezza di 5.800.000 lire - eravamo nel 1972 - mi disse che la mia immagine era pubblica e avremmo perso».
Domanda d’obbligo: l’attrice più bella che ha avuto al suo fianco?
«Risposta difficile, erano tante e nessuna bruttina. Ci provo: per la bellezza Gloria Guida, per la sensualità Joan Collins. Certo anche Barbara Bouchet non scherzava».
Tanto cinema ma anche piccolo schermo; il suo «mi vien che ridere» è il primo dei tormentoni televisivi?
«Non so se proprio il primo ma sicuramente uno dei primi e di grande efficacia. Mi venne spontaneamente, un’improvvisazione promossa da tutti. Come quel varietà, Signore e signora, con Delia Scala che ogni sabato sera incollava alla tv milioni di italiani».
La sua ultima volta a Varese in realtà è stata nel 1994 all’Impero con Liolà di Pirandello. A teatro lei ha anche diviso il palco con Eduardo De Filippo; veramente grande come si dice?
«Di più, immenso. Anche come persona. Prima di andare in scena ero terrorizzato, cercai il suo sguardo per essere rassicurato. Incredibile, anche lui tremava. Comprese la mia sorpresa e mi disse: Caro Lando, non ho paura del pubblico ma paura di non dargli ciò che desidera e che merita. Questo era Eduardo».
Cosa non deve mai fare un attore?
«Comportarsi da attore nella vita normale. La distinzione deve essere netta. Mi è capitato di conoscere attori che recitavano anche fuori dal set. Insopportabili come quelli che mostrano insofferenza nei confronti dell’affetto della gente. A tenerci vivi e a farci volare alto è il pubblico: essere riconosciuti e fermati per strada è fonte di gioia, non di fastidio».
Lei non è mai stato coccolato dalla sinistra ma è bastato che in Mio figlio interpretasse il padre comprensivo di un gay per essere attaccato da destra e rivalutato dai detrattori di un tempo.
«Sono cresciuto in una famiglia socialista, non condividevo quello che facevano allora e non lo condivido neppure oggi. Sono di destra e l’ho dichiarato anche quando la cosa, specie nel cinema, non era esattamente di moda. Questo non mi ha impedito di fare la strada che ho fatto e di sentirmi libero, credendo alle persone più che ai partiti, di votare sindaco di Roma, dove abito pur avendo mantenuto un rapporto stretto con la mia Palermo, candidati di fede politica opposta alla mia. In nome della stessa libertà rivendicata nella scelta dei copioni. Presto vedrete me e Carlo Dalle Piane vecchi gay in un cortometraggio tenerissimo che abbiamo appena finito di girare».
Il suo giudizio su Checco Zalone?
«Sinceramente, non lo capisco; quando vedo un suo film mi sembra di essere tornato alle elementari. Ha però il grande merito di avere riportato la gente al cinema. Dunque, chapeau!».
© Riproduzione Riservata